Da «Non amarmi» ad «Amami» sono trent’anni, la vita di Francesca Alotta, la cantante palermitana rivelazione di Sanremo 1992 - con quella canzone che ha fatto il giro del mondo - che oggi riassapora la ribalta televisiva con una superba imitazione di Emma a «Tale e Quale Show», il programma di Raiuno condotto da Carlo Conti. Proprio lui, ieri sera, durante la prima puntata della trasmissione, ha posto l’accento su questa particolarità, i titoli di significato opposto delle due canzoni, ricevendo dall’ex vincitrice di Sanremo Giovani la risposta che «questo è il segno di un cambiamento radicale, una rinascita».
E questo ritorno ha davvero il sapore di una nuova vita per Francesca Alotta, che da quel giorno di febbraio 1992 ad oggi ha dovuto superare mille ostacoli e vincere mille battaglie difficili, ultima quella contro il cancro. «Volevo partecipare a Tale e Quale e ci sono riuscita al quinto tentativo», dice durante la clip di presentazione. In gara ci sono altri dieci concorrenti, tutti famosi, come Alba Parietti, Stefania Orlando, Federica Nargi o Biagio Izzo. E alla fine della prima serata Francesca è nella parte altissima della classifica, seconda a pari punti con Deborah Johnson - figlia di Wess e amica personale della cantante palermitana - e dietro i divertentissimi Gemelli di Guidonia, che hanno imitato il trio Fedez-Lauro-Berti del tormentone estivo «Mille». La performance di Francesca Alotta è piaciuta in particolare alla regina della giuria, Loretta Goggi, che si è complimentata non solo per l’interpretazione canora, ma anche per l’imitazione di Emma. «Hai preso tutto di lei - le dice Loretta - il portamento, i movimenti, la padronanza della scena».
Per Francesca Alotta è un riconoscimento di grande valore. «A me piace molto recitare, mi sarebbe piaciuto fare l’attrice, anche in passato. Sono arrivata qui con la consapevolezza che dovrò sforzarmi di allontanarmi da me, di calarmi completamente nei vari personaggi», dice la cantante palermitana a Gds.it. Missione riuscita. «Cantare bene a Tale e Quale Show è importante - continua - ma lo è di più sapere imitare i personaggi. Alla fine lavorare sugli altri ti fa crescere, ti fa conoscere modi diversi di cantare e di affrontare il pubblico».
Già, il pubblico. Le scene a un certo punto erano diventate un tabù per Francesca Alotta. «Per tanti anni - racconta - mi sono isolata, ho dovuto affrontare diverse vicende personali, la perdita di un bimbo, la morte di mio padre. Ci sono momenti in cui cadi in depressione e devi trovare in te la forza per uscirne». L’ultima battaglia, quella contro il cancro, le ha dato una nuova energia. «Ho trovato la forza per rinascere. Ho capito che non ci si deve mai abbattere, ma vivere al massimo, perché la vita riserva sempre delle sorprese».
Francesca Alotta è impegnata su più fronti. «Ho cominciato a scrivere canzoni, testi e musica, e il 7 ottobre uscirà il singolo di un nuovo album, un brano che affronta il tema dell'incapacità di accettare la diversità». Il testo è molto toccante. «È una storia che ho vissuto da vicino. La figlia di una mia amica era lesbica e la mamma non l’accettava, le teneva il telefonino per non farle avere contatti con il mondo esterno. La ragazza era diventata anoressica e non voleva più vivere. La mamma l’aveva portata dall’esorcista e dallo psicologo. Impensabile ai nostri giorni. Ma accade».
Francesca Alotta, al contrario, ha sempre ricevuto dalla famiglia tutto il sostegno di cui ha avuto bisogno. A partire da papà Filippo, cantante di grande talento, che è stato, dice la figlia, «il mio maestro di canto ma anche di vita. Mi ha insegnato l’umiltà, mi ha sempre detto di non dare importanza all’aspetto fisico, perché la bellezza col tempo sfiorisce. “Piuttosto, coltiva la tua anima”, mi diceva. Nel 2003 l’ho perso e mi è caduto il mondo addosso. Era il mio faro, la mia luce. Stavamo progettando un disco da incidere insieme e non è stato possibile. Nel 2018 ho scritto "Anima Mediterranea", interamente dedicato a mio padre con i brani che sentivo da bambina quando lui cantava nelle manifestazioni. Arie antiche siciliane e napoletane».
Francesca è andata via giovane da Palermo. «Purtroppo, per riuscire in questo campo devi andare altrove, questa è l’amara verità. Ma il legame con la mia città è sempre fortissimo, tutta la mia famiglia vive lì. A distanza, anzi, sento il legame che si rafforza. Quando ho fatto Sanremo mi hanno chiesto di cambiare il nome e io mi sono rifiutata. Volevo che mio padre fosse gratificato, lui aveva rinunciato alla carriera per i figli». Aleandro Baldi perse per strada il suo cognome originale, lei no, tenne duro ed oggi che «Non amarmi» viene cantata in tutte le lingue del mondo, le star che la interpretano vengono associate al suo vero nome. «Jennifer Lopez l'ha cantata in spagnolo - dice orgogliosa Francesca -, è stata la canzone italiana che ha più venduto nel 1992».
Insomma, il made in Palermo è forte nella musica, anche se troppo spesso i rimpianti prevalgono. Vale per Francesca Alotta, per il papà Filippo e per tanti altri artisti. Come Giuni Russo. Chissà se da lassù la cantante palermitana scomparsa nel 2004 ha sentito quello che ieri sera ha detto Loretta Goggi, rispondendo a Cristiano Malgioglio. Il cantautore e ormai personaggio televisivo a tutto tondo, pure lui siciliano (di Ramacca) costretto a lasciare la propria terra per inseguire i suoi sogni, definisce Caterina Valente, iconica musicista e showgirl degli anni Sessanta, come la cantante più grande del mondo. «Dopo Giuni Russo», sentenzia Loretta. Giuni lo sa, di essere stata la migliore. E di certo, oggi, fa il tifo per la sua concittadina. Come tutta Palermo. Buona fortuna Francesca, siamo con te.
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