La decima campagna di scavo al parco archeologico di Himera si è chiusa con importanti scoperte archeologiche. Sono stati trovati un nuovo edificio e un grande vano di circa 20 metri quadrati strettamente legato alla funzione del santuario. Una scoperta che documenta la vita del santuario fino alla fine della Polis greca (datata al 409 a.C.). La campagna di scavo, condotta su una superficie di 120 metri quadrati dell’area sacra del piano del Tamburino, è stata curata dall’università di Berna con la supervisione del Parco archeologico di Himera, Solunto e Monte Jato, diretto da Stefano Zangara.
Sei settimane di scavi (dal 2 agosto al 10 settembre) precedute da tre settimane di studio sulla ceramica comune e da cucina - tenute da Aleksandra Mistireki e dalla studentessa Lena Graf - e da un workshop sulle tegole della distruzione di un vano di un edificio che si trova sul piano del Tamburino. Il workshop, diretto da Marcella Boglione e Aleksandra Mistireki, ha prodotto risultati interessanti sulla costruzione del tetto.
«Si è chiusa - dichiara Stefano Zangara, direttore del parco archeologico di Himera, Solunto e Monte Iato - una campagna di scavo esaltante. Gli studiosi dell’università di Berna, protagonisti di questa decima campagna, guidati da Elena Mango, con la supervisione di questa direzione, hanno prodotto anche quest’anno ottimi risultati. I ritrovamenti hanno dato nuova luce al sito del piano del Tamburino, nell’area archeologica di Himera alta, e garantiscono una conoscenza più profonda di un luogo che merita sempre più attenzione e studio».
«Abbiamo vissuto un’esperienza meravigliosa - racconta Elena Mango, docente di Archeologia - con una squadra di studiosi provenienti da Berna, Zurigo e Friburgo, tra cui Lena Graf, Francesco Piccirilli, Sina Thöny, Laura Tschirren, Joy Stähli, Leila Reinmann, Jean-Robert Gisler e Renato Puccia di Campofelice di Roccella. Abbiamo aperto una superficie di circa 120 metri quadrati per avere una visione in orizzontale di uno dei santuari sul piano del Tamburino e siamo riusciti, infine, a congiungere le parti scavate nelle precedenti campagne».
Ciò che è venuto fuori è davvero sorprendente: «Un nuovo edificio, ovvero due vani di questo che costeggiava nel lato settentrionale il grande spazio aperto con quattro altari, il cuore del santuario», svela Mango. «I vani, che dovranno ancora essere indagati, sono collegati direttamente - prosegue - con lo spazio aperto attraverso un passaggio. Nell’edificio nord-est erano già stati scavati vari vani, tra cui la focacceria e uno adiacente, dove, stavolta, è stato trovato l’inventario completo, pentole, fornelli, piastre, forni a campana per la cottura e la preparazione di cibi diversi, tra l’altro in situ sul focolare, vasi per stoccaggio di liquidi e cibi tra cui anfore e brocche. Un vano-cucina legato alla funzione del Santuario e che si apre su un cortile a sud dove è stata ritrovata una canaletta per lo scolo delle acque piovane».
Ce n’è abbastanza per comprendere come si viveva più di duemila anni fa. «Il vano documenta la vita del santuario - conclude la docente - fino alla fine della Polis greca. Un ritrovamento eccezionale perché fino a oggi era ben documentata la vita nel santuario a partire dalla seconda metà del VI secolo agli inizi del V».
Una campagna che ha dato ottimi risultati. «La sorpresa è arrivata alla fine dello scavo - ha spiegato ancora la professoressa Mango - con il ritrovamento delle testimonianze di purificazione tramite fuoco, libagioni e altro prima di mettere in funzione la sala. Il carattere sacro del vano è dato dal ritrovamento in un angolo di una deposizione di fondazione, una consuetudine ben conosciuta nell’antico Oriente. E infine, l’ipotesi di un terremoto avvenuto nel V secolo a.C., già ipotizzato nel 2019, ha trovato ulteriore riscontro nei nuovi risultati. Attendiamo le prossime campagne di scavo per dare nuova luce questa importante area dell’antica città che ha cominciato a prendere forma negli ultimi dieci anni. Ci rivediamo presto...».
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