PALERMO. Quali sono i rituali religiosi dei migranti in Sicilia? Come vengono praticati i loro culti nell’Isola? Tra meditazione e feste. In una coreografia di colori e suoni. Nei volti e nei gesti dei Buddisti, degli Induisti, dei Tamil, dei Musulmani, degli Ebrei a Palermo, Messina, Siracusa, Catania e Comiso.
Ecco il filo conduttore della mostra di fotografie «Il sacro degli altri», promossa dalla Fondazione Ignazio Buttitta che sarà inaugurata venerdì alle 18 a Palermo nel teatro Mediterraneo occupato (via Martin Luther King 6, Padiglione 1, Fiera del Mediterraneo).
Gli autori degli scatti sono Attilio Russo e Giuseppe Muccio. Il comitato scientifico che ha curato l’esposizione è composto da Sergio Todesco, Ignazio Buttitta, Sergio Bonanzinga, Rosario Perricone e Monica Modica. L’allestimento è di Monica Modica.
La mostra propone 70 fotogrammi provenienti da diverse località siciliane e una presentazione digitale di circa 300 immagini in slide multimediale che documentano, «in tutta la loro variegata fenomenologia, la quantità e qualità dei culti introdotti dalle comunità di migranti che, per varie ragioni e in tempi diversi, si sono stanziate in Sicilia arricchendone il panorama demografico e culturale», affermano gli autori.
Russo e Muccio, sono da decenni impegnati nella documentazione delle feste religiose e delle pratiche cultuali siciliane.
«Ci offrono attraverso questo originale portfolio una dimostrazione - afferma Buttitta, docente dell’ateneo palermitano - di come il nostro territorio sia divenuto spazio di pratiche sacrali e di atti di interlocuzione con la divinità assai distanti, e per forma e per contenuti, dalle nostre fedi e dalle nostre tradizioni religiose».
«Lo fanno - prosegue - con uno sguardo antropologico cui sono sottese un’umana partecipazione, una lucida comprensione delle culture tutte, la cui mirabile varietà non viene mai avvertita come un problema quanto piuttosto come un arricchimento».
L'esposizione è accompagnata da musiche, salmodie, recitazioni e canti selezionati da Bonanzinga.
«La dicotomia sacro-profano, pur conservando, a livello della organizzazione dei materiali e di una prima analisi, - chiosa Buttitta - un preciso valore euristico, si dimostra in più d’un caso foriera di equivoci. In realtà è quasi impossibile nell’essere delle culture determinare una netta distinzione tra simbolismo religioso e profano. Il loro manifestarsi è attraversato, infatti, costantemente da un gioco di scambi e di rimandi, ora consapevole, ora inconsapevole, di cui è impresa sempre ardua seguire le dinamiche».
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