Palermo ricorda il generale Dalla Chiesa, 43 anni fa l'assassinio del Prefetto dei «100 giorni»
Palermo si ferma oggi per ricordare Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale dei Carabinieri diventato Prefetto dei “100 giorni” e simbolo della lotta senza compromessi alla mafia. La sera del 3 settembre 1982, in via Isidoro Carini, un commando di fuoco spezzava la sua vita insieme a quella della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Domenico Russo. Stamattina alle 9.30 in via Isidoro Carini c’è la cerimonia per l’anniversario dell’uccisione. Verrà deposta una corona di alloro nel luogo dell’eccidio dove sarà presente il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Quindi, oltre ai divieti di sosta, dalla strada non potranno passare i mezzi pubblici. Quell’attentato segnò una delle pagine più buie della storia italiana. Dalla Chiesa, reduce da successi importanti nella lotta al terrorismo, era arrivato a Palermo con il compito di guidare la risposta dello Stato contro Cosa nostra. Ma non gli furono concessi né strumenti né poteri adeguati. La sua denuncia di isolamento resta ancora oggi un monito sulla necessità di dare sostanza alla parola “legalità”. «Il metodo Dalla Chiesa è stato importante per tutti noi. L’assoluta ostinazione e dedizione per affermare un mondo più libero e un mondo più giusto. Questo credo che sia il primo messaggio, il primo elemento del metodo della Chiesa. Il generale ha lasciato dei messaggi importanti a tutti noi e non solo chi doverosamente e in maniera proficua contrasta la criminalità e i valori della legalità nel quotidiano». Lo ha detto il ministro Matteo Piantedosi a Palermo a margine delle commemorazioni per l’eccidio in cui persero la vita il generale Carlo Aberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, deceduto alcuni giorni dopo per le ferite mortali riportate. «La mafia è cambiata, uccide di meno, ma non per questo è meno pervasiva e meno pericolosa per quelli che sono i nostri valori democratici, perché è una mafia che fa affari che inquina i circuiti legali dell’economia, delle istituzioni. Ci sono delle professionalità che, partendo proprio dal grande impegno di servitori dello Stato come Carlo Alberto dalla Chiesa, hanno sedimentato negli anni una grande professionalità nella lotta alla criminalità. Il paese può vantare da un certo punto di vista anche un’architettura antimafia tra le migliori al mondo», ha detto il ministro Matteo Piantedosi. «Arriveranno decine di uomini a Palermo per garantire la sicurezza. Il prefetto di Palermo mi ha aggiornato anche su quelle che sono state le iniziative prese e i provvedimenti adottati. Palermo come sapete ha vissuto delle situazioni di taglio diverso ma non meno preoccupanti che abbiamo già affrontato con le autorità locali nelle scorse settimane. Poi ho preso l’impegno, la città avrà il trattamento che merita. Adesso da qui alla fine dell’anno ci sarà la distribuzione di ulteriori risorse, anche umane. I numeri li vedremo ma arriveranno diverse decine di uomini in aggiunta al turnover», ha affermato il ministro Piantedosi.
Il presidente Schifani: la sua lezione vive nella Sicilia di oggi
«Nel giorno in cui ricordiamo il sacrificio del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato dalla mafia il 3 settembre 1982 insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo, la Sicilia si stringe attorno alla memoria di un uomo che resta un faro di legalità per le generazioni presenti e future. Dalla Chiesa è per noi motivo di commozione e di profonda gratitudine: in un contesto difficile come quello siciliano, lottò senza tregua contro la criminalità organizzata, pagando con la vita il suo altissimo senso di fedeltà allo Stato. A 43 anni dalla morte, la sua figura continua a costituire un esempio prezioso, capace di scuotere la coscienza civica di ogni cittadino e rappresentante delle istituzioni». Così il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. Alla cerimonia di questa mattina a Palermo, il presidente ha delegato in rappresentanza del governo regionale l’assessore ai Beni culturali Francesco Scarpinato; erano inoltre presenti il gonfalone della Regione e una corona d’alloro è stata deposta in memoria delle vittime.
Il sindaco Lagalla: il ricordo è un atto politico e morale
“Ricordare il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa non è solo un dovere civico, è un atto politico e morale. È la scelta consapevole di non accettare l’oblio, di non lasciar vincere il silenzio su chi ha provato a disarmare la violenza con il senso dello Stato. Il Generale Dalla Chiesa resta una delle figure più limpide della nostra Repubblica. La sua vita non ci parla solo di legalità, ci parla di giustizia. E la giustizia, a differenza della legalità, non è mai neutra. Sta sempre da una parte: quella dei cittadini, quella della verità, quella delle istituzioni che sanno cosa vuol dire servire e non servirsi. Oggi, nel suo nome, siamo chiamati a chiederci se stiamo facendo abbastanza, se le nostre città sono davvero ostili alla criminalità organizzata. A chi considera questi momenti semplici rituali, rispondiamo con l’impegno quotidiano. Perché la memoria, se non è azione, è complicità. Carlo Alberto Dalla Chiesa è stato un uomo che ha pagato il prezzo più alto per non voltarsi dall’altra parte. Sta a noi, ogni giorno, dimostrare che Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, uccisi nell’agguato di 43 anni fa, non sono morti invano”. Così il sindaco Roberto Lagalla.