Il giallo della morte di Simona a Bagheria, riconvocati dai carabinieri gli organizzatori della festa
I carabinieri convocano alcuni dei presenti alla festa durante la quale ha perso la vita Simona Cinà, annegata nella piscina di una villa ad Aspra, nella notte tra l’1 e il 2 agosto. Domani pomeriggio, alla caserma di Bagheria saranno ascoltati di nuovo i due fidanzati che avevano organizzato l’evento per festeggiare la loro laurea, chi si è tuffato per riportare la giovane in superficie, chi le ha praticato il massaggio cardiaco e gli altri che erano intorno alla vasca. Le nuove audizioni punteranno ad approfondire la fase del ritrovamento e dei primi soccorsi, passaggi che, a giudicare dalla scelta di richiamare alcuni testimoni già sentiti, restano da chiarire nei dettagli. Tra gli aspetti da approfondire potrebbe esserci l’organizzazione della serata dal punto di vista della sicurezza: per una festa in villa con piscina non è obbligatorio avere un bagnino, ma è essenziale valutare i rischi, predisporre misure alternative e informare gli invitati sulle precauzioni da seguire. Regole che in questo caso potrebbero non essere state rispettate: al vaglio ci sarebbero le posizioni del proprietario dell’immobile, del «sensale» a cui era stato affidato e agli stessi ragazzi che lo avevano affittato per il party. Ma le domande si concentreranno anche sulle modalità con cui la ventenne è stata riportata a bordo vasca. Gli investigatori intendono chiarire quante persone fossero presenti al momento del recupero e chi abbia partecipato materialmente alle manovre di soccorso. Versioni e ricordi verranno messi a confronto dagli investigatori per ricostruire con maggiore precisione la sequenza di quanto è accaduto. Non è escluso che vengano acquisite ulteriori fotografie o filmati realizzati quella notte per verificare tempi e movimenti nella villa. Parallelamente, l’attenzione è puntata sui risultati degli esami tossicologici - attesi per settembre - decisivi per capire se la pallavolista ha ingerito alcol, farmaci o droghe, se per sua volontà o per mano di qualcuno. Per ampliare il raggio delle analisi, la Procura di Termini Imerese ha nominato un chimico tossicologo, Vincenzo Nicolì, con l’obiettivo di rintracciare «ogni tipo di sostanza avente effetto stupefacente psicotropo, ipnotico e sedativo». La richiesta è arrivata dagli avvocati Mario Bellavista, Gabriele Giambrone, Davide Carnese e Francesca Favata, che assistono la famiglia di Simona. Il decreto del sostituto procuratore Raffaele Cammarano ha disposto prelievi su sangue, urine, contenuto gastrico, bile, organi e tessuti della ventenne: l’elenco delle sostanze da ricercare va dal Ghb alla ketamina, dalle benzodiazepine agli oppioidi sintetici, fino ai cannabinoidi naturali e artificiali. L’autopsia ha confermato la morte per annegamento: nei polmoni c’era acqua e non sono state riscontrate patologie cardiache o segni di violenza. Nei rilievi è stato notato un lieve segno alla nuca, giudicato ininfluente dai medici legali ma ritenuto comunque meritevole di approfondimento. Il fascicolo resta aperto per omicidio colposo contro ignoti ma la decisione di ascoltare di nuovo chi era nella villa fino alle 4 del mattino, orario approssimativo del recupero della ventenne - ancora in vita - sembra indicare la volontà di scandagliare ancora una volta ciò che accadde in quei 40 minuti, tra l’ultima volta in cui Simona fu vista viva e il momento in cui fu tirata fuori, alla ricerca di qualsiasi elemento che possa spiegare perché, lei che era una nuotatrice esperta, non sia riuscita a salvarsi in una vasca profonda meno di due metri e come mai nessuno si sia accorto in tempo della sua presenza sul fondo della piscina.