
A 42 anni dalla strage, commemorato a Palermo il giudice Rocco Chinnici, ucciso il 29 luglio 1983 davanti la sua abitazione, al civico 59 di via Pipitone Federico, da un’auto bomba, una Fiat 126 carica di tritolo, che esplose uccidendo anche il maresciallo Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.
Stamattina sul luogo della strage sono state deposte le corone d’alloro alla presenza dei figli del giudice, Caterina e Giovanni, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e l’assessore regionale Nuccia Albano. Nella vicina chiesa di San Michele Arcangelo è stata celebrata una messa in suffragio delle vittime.
«Mio padre ha dato l’avvio a un metodo che è sviluppato nel tempo, ha portato ai risultati davvero importanti. La sua intuizione di creare il pool antimafia, la circolarità dell’informazione e scambio delle informazioni, il coordinamento dell’attività della polizia giudiziaria, le misure patrimoniali, le primissime indagini finanziarie - ha detto Caterina Chinnici, europarlamentare - è stata dirompente. Fu un’innovazione totale rispetto al metodo precedente che nel tempo si è sviluppata e ha portato l’Italia a essere modello di riferimento per la legislazione europea di contrasto alla criminalità organizzata, tema su cui io lavoro a tempo pieno in Europa. Mi ha fatto piacere che il procuratore europeo nel discorso d’insediamento ha detto che il lavoro dei procuratori europei si sarebbe ispirato a quello di Rocco Chinnici».
Anche il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha voluto rendere omaggio alla memoria del magistrato e al suo impegno contro la mafia. «Nel ricordo di Chinnici - ha detto - la Sicilia riafferma con determinazione la propria lotta alla criminalità organizzata. La sua visione lungimirante e il coraggio dimostrato hanno segnato l’inizio di una nuova stagione di contrasto alle mafie».
«Fu tra i primi - ha aggiunto Schifani - a comprendere il valore del lavoro di squadra nella magistratura, contribuendo alla nascita del pool antimafia. Il suo esempio continua a essere fonte di ispirazione per le istituzioni e per tutti coloro che credono nei principi della legalità. Ricordarlo significa non solo onorare la memoria, ma anche rafforzare l’impegno quotidiano per una società libera da ogni forma di violenza e sopraffazione. Un pensiero commosso va anche alle famiglie delle vittime, che con dignità e forza hanno saputo trasformare il dolore in testimonianza civile».
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