
Aurora Maniscalco dopo l’iniziale rottura con il suo fidanzato, Elio Bargione, aveva trovato conforto in Filippo Onnis, un amico sardo che lavora in uno studio di tatuatori a Praga. Lo stesso amico che, pochi mesi prima della morte, le aveva tatuato una tigre con un serpente sul braccio, di cui la ventiquattrenne palermitana morta a Vienna all’incirca un mese fa, in circostanze ancor oggi non chiare, andava fiera. «La nostra non era un’amicizia di lunga data - racconta Filippo, al telefono dalla capitale della Repubblica Ceca - ma era un’amicizia vera».
Tra i due, che si erano conosciuti a settembre, non ci sarebbe stata una relazione: «Lei era a Praga con Elio - riprende Onnis -. Vennero a trovarci per fare un tatuaggio insieme. Due mesi dopo tornò solo Aurora, per farsi tatuare la tigre con il serpente e da allora siamo diventati amici».
Aurora ha perso la vita lunedì 23 giugno, all’ospedale generale di Vienna, dopo essere precipitata, due giorni prima, sabato 21, dal terzo piano dell’appartamento in cui viveva con il fidanzato, in Universumstrasse. Erano le 22,40. I due quella sera avevano litigato. Nell’abitazione poi la madre della giovane aveva trovato un borsone contenente vestiti, come se la giovane fosse in procinto di andarsene.
«Lei aveva lasciato Elio a novembre scorso - racconta l’amico Onnis -. Era venuta a Praga e inizialmente dormiva in un ostello, poi la ospitai io. La sua decisione sembrava abbastanza netta. Lei era tranquilla, aveva anche ripreso a disegnare e cantava in un gruppo fondato con alcuni amici». Nel corso della sua permanenza a Vienna però «di frequente arrivavano le chiamate di Elio - dice - e i toni erano accesi. Nonostante lei sembrasse decisa a non tornare più con lui, Elio riusciva sempre a convincerla. Così puntualmente Aurora faceva ritorno a Vienna, per poi ritornare di nuovo a Praga, poco dopo».
Eclatante, secondo il racconto dell’amico, ciò che accadde a Capodanno: «Lei era arrivata a Praga in mattinata - racconta Onnis - e nel primo pomeriggio lui l’ha chiamata e lei si è convinta a prendere un pullman per tornare a Vienna, per essere a mezzanotte con lui. Una cosa è certa: Elio sapeva quali corde toccare, sapeva come prenderla». Aurora «non assumeva, almeno davanti a me, psicofarmaci - sottolinea l’amico sardo -. Faceva delle sedute online con uno psicologo. Non faceva uso di droghe e beveva solo qualche birra in compagnia di noi amici. Era una ragazza solare, caparbia, testa dura e determinata».
E il licenziamento dalla Lauda Europe, per la quale era impiegata come hostess? Era delusa, provata? «Ma no, era anche contenta - sottolinea Filippo Onnis - perché per Aurora era un lavoro molto faticoso e avrebbe voluto volentieri rifarsi una vita». Elio era «geloso di me - confessa - lui la faceva sempre sentire molto in colpa per averlo lasciato. Poi loro hanno chiarito e sono tornati insieme a febbraio». L’amico non sa cosa sia accaduto quella notte, quando la ragazza è precipitata. Sul caso indaga la Procura di Palermo, per le autorità viennesi è suicidio.
L’avvocato Alberto Raffadale ha chiesto l’esame delle telecamere di videosorveglianza di zona, il sequestro dell’appartamento e l’esame dattiloscopico del parapetto del balcone di casa di Aurora, dove si vedono dei graffi. Dall’esame autoptico è emerso che Aurora è caduta sulle gambe: non ha infatti riportato lesioni alle costole.«Non voglio puntare il dito contro nessuno - conclude l’amico -. So solo che la vita ti presenta sempre il conto da pagare».

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