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Palermo, cade l'accusa estorsione per sette imputati: reato prescritto

Il Palazzo di giustizia di Palermo

La quarta sezione della corte d’appello di Palermo, presidente Vittorio Anania, ha dichiarato prescritte le accuse rivolte a sette palermitani condannati in primo grado a pene comprese tra 4 e 7 anni, derubricandole da estorsione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Un reato meno grave per cui visto che i fatti risalivano al marzo del 2016 è scattata la prescrizione. Gli imputati, Girolamo Carlino, Gianluca Carlino, Viviana Abbruzzese, Antonio Abbruzzese, Giuseppa Pizzo, Giovanni Carlino e Fabio Federico, erano difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo e Maria Simona La Verde.

La vicenda ruota attorno alla gioielleria «Laura Preziosi», rilevata da Nicolò Carlino, nipote di Girolamo Carlino. Zio e nipote costituirono una società. Dopo alcuni mesi nacquero dei contrasti tra i due. Girolamo Carlino, oltre allo stipendio mensile, richiese parte degli utili. Il nipote, come ricostruito dagli avvocati, si rifiutò di dargli il denaro e negò l'esistenza stessa della società.

Intervennero alcuni familiari per ricomporre la lite, senza successo. Il 30 novembre 2016 i sette imputati si presentarono in gioielleria, chiedendo in modo insistente e violento il pagamento. La vicenda fu chiusa dal nipote con il versamento di 2 mila euro. Ma dopo due mesi denunciò la presunta estorsione.

La Corte di Appello, condividendo la tesi difensiva prospettata dagli avvocati Castronovo e La Verde, ha ritenuto che in effetti la minaccia c'era stata e che Girolamo Carlino, con gli altri sei familiari, aveva tentato di farsi giustizia da sé, da qui la riqualificazione dei fatti nell’ipotesi meno lieve di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Caduta però l’estorsione essendo stata riconosciuta la legittimità del credito vantato.

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