«Ti gettiamo in un pozzo se non ci dai i soldi». È una delle minacce più pesanti rivolte a un imprenditore palermitano del settore dei call center da un gruppo di quattro uomini che, per anni, lo hanno perseguitato con violenze e ricatti. Il loro obiettivo: estorcere denaro, con la convinzione che l’uomo avesse guadagnato milioni grazie a un investimento su una piattaforma Forex, utilizzata per le criptovalute.
La vicenda si è conclusa con quattro arresti eseguiti dalla polizia Palermo, su delega della Procura. Il gip Lorenzo Chiaramonte ha disposto la custodia cautelare in carcere per Pietro Lupo, 44 anni, e Davide Armanno, 40 anni, arresti domiciliari con braccialetto elettronico, invece, per Mattia Falsone, 30 anni, e Benedetto Messina, 40 anni, tutti con precedenti penali.
Ma, dopo gli interrogatori di garanzia, la posizione degli indagati è mutata. Armanno e Lupo, inizialmente in carcere, sono stati posti ai domiciliari con braccialetto elettronico; Falsone ha ottenuto il divieto di avvicinamento, mentre Messina è stato scarcerato. «Le pretese di denaro erano fondate sulla esistenza di svariati procedimenti penali instaurati in Italia e all’estero nei confronti degli indagati, a seguito di condotte di tipo truffaldino che la vittima avrebbe posto in essere», ha messo nero su bianco il giudice.
Secondo la ricostruzione della Squadra mobile, la vittima, che lavora nel campo delle comunicazioni, sarebbe stata seguita ovunque: i quattro avevano piazzato un AirTag nello scooter per controllare in tempo reale ogni suo movimento. Lo raggiungevano sotto casa, davanti all’azienda, nei luoghi di ritrovo serali.
Le aggressioni fisiche erano frequenti e brutali: è stato picchiato per strada davanti al centro commerciale Ai Leoni in corso Calatafimi, bloccato e colpito in mezzo al traffico. Più volte gli indagati hanno minacciato di uccidere la moglie e i figli.
L’uomo, stremato, ha trovato il coraggio di raccontare tutto alla polizia solo dopo anni di vessazioni. Determinanti, per inchiodare la banda, le immagini di un pestaggio, le intercettazioni telefoniche e ambientali, i tabulati e le registrazioni delle telecamere di sorveglianza.
Secondo gli inquirenti, la vicenda sarebbe iniziata quando l’imprenditore fece da intermediario fra alcuni degli arrestati e cittadini albanesi interessati a investimenti finanziari. Da quel momento, i quattro avrebbero preteso somme sempre più ingenti, convinti che la vittima stesse trattenendo profitti milionari. In quattro anni, l’uomo avrebbe consegnato circa 450 mila euro, tra contanti e criptovalute.