Palermo

Sabato 21 Giugno 2025

Seconde generazioni e cittadinanza, l’appello dei vescovi siciliani: «Educare alla comunità, rilanciare il dibattito»

cattedrale Palermo

Con una nota congiunta firmata da monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e delegato per le Migrazioni, e monsignor Giovanni Accolla, arcivescovo di Messina e delegato per la Carità, la Conferenza Episcopale Siciliana interviene sul tema della cittadinanza per le seconde generazioni, chiedendo con forza un rilancio del dibattito pubblico e un impegno educativo profondo per costruire una comunità più inclusiva. I vescovi prendono spunto dal recente referendum sulla cittadinanza, fallito per il mancato raggiungimento del quorum e con un 34,7% di voti contrari, per ribadire che la riflessione su questo tema «non può considerarsi chiusa». Secondo la nota, la cittadinanza non è solo un fatto giuridico, ma rappresenta «una condizione di riconoscimento, appartenenza e partecipazione». In Sicilia, secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2022/2023 erano 28.738 gli alunni con retroterra migratorio, oltre la metà dei quali – 15.047 – nati in Italia. Ragazzi che condividono lingua e cultura con i coetanei italiani, ma che restano “stranieri nei documenti”. I vescovi parlano di una «dissonanza profonda» che genera frustrazione e mina l’idea stessa di comunità. Da qui l’urgenza di «accorciare i tempi per l’ottenimento della cittadinanza» per chi è nato e si è formato in Italia, anche come risposta concreta alla crisi demografica e alla crescente pluralità culturale della società italiana. Tra le proposte sostenute dalla Chiesa siciliana, vi è lo ius scholae, ossia la possibilità di acquisire la cittadinanza in seguito a un percorso scolastico stabile in Italia: una misura che, secondo i firmatari, «valorizza il vissuto reale delle nuove generazioni» e riconosce alla scuola un ruolo fondamentale di inclusione civica. La nota si chiude con l’annuncio di un percorso condiviso: nei prossimi mesi verranno promossi incontri e confronti tra Chiesa, istituzioni, scuole e associazioni, con un’attenzione particolare all’ascolto diretto dei giovani senza cittadinanza. «Sono proprio loro – scrivono i vescovi – a chiedere oggi, con voce propria, il riconoscimento di un diritto che non può più essere ignorato. È una spinta dal basso che interpella le coscienze, e che va accolta e accompagnata. Proprio perché i tempi non sembrano propizi».

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