
Si aprirà a breve in Corte d’Appello il processo per la figlia di Giovanni Barreca, già condannata a dodici anni e otto mesi per avere partecipato alla strage nella villetta di Altavilla Milicia dove a febbraio dell’anno scorso furono uccisi la madre Antonella Salamone e i fratelli Kevin ed Emanuel di 16 e 5 anni. Il giudizio per il padre e per i due «fratelli di Dio», Sabrina Fina e Massimo Carandente, si sta celebrando invece in Tribunale.
La ragazza ha ammesso le proprie responsabilità, descrivendo nei dettagli le torture inflitte ai suoi familiari come il corpo bruciato della mamma, le catene con cui era stato legato il fratellino più piccolo e il soffocamento del più grande con il metodo dell’incaprettamento.
Ma il ricorso punta a ridiscutere la sua posizione: secondo la difesa, la giovane - oggi diciottenne, ma minorenne all’epoca dei fatti - si sarebbe trovata priva di qualsiasi protezione all’interno di un contesto familiare disgregato, in cui il padre aveva perso ogni lucidità e la madre, poco dopo, sarebbe diventata una vittima del rito che doveva servire per liberare i Barreca da una fantomatica possessione demoniaca.
L’idea alla base dell’impugnazione è che la diciottenne, assistita dall’avvocato Carmelo Salamone, sia stata travolta da circostanze più grandi di lei.
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