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L'ex capo della Squadra mobile che catturò Brusca: «Grazie ai pentiti sconfitta l'ala stragista di Cosa nostra»

Giovanni Brusca al momento dell'arresto nel 1996

«Capisco i cittadini perplessi per la scarcerazione di Giovanni Brusca ma io ho fatto l'investigatore quando non c'era la norma sui collaboratori e quando è stata introdotta voluta da Giovanni Falcone e i successi collegati a questa norma, che ha permesso di svuotare cosa nostra dall’interno, sono sotto gli occhi di tutti»: a parlare è Luigi Savina, che da capo della squadra mobile di
Palermo catturò il boss.

«La sua cattura e la sua collaborazione sono state fondamentali come altre perché hanno eliminato e reso inoffensiva la cosiddetta ala stragista» ha detto parlando con l'ANSA quello che è stato anche questore a Terni.

Per Savina «iconica è stata la cattura di Brusca ma ancora più la sua collaborazione». «Che nasce - ha ricordato - qualche giorno dopo la cattura». L’ex capo della mobile ha ricordato quindi i momenti dell’arresto di Brusca. «Il telefono cellulare intercettato - ha detto - ce lo faceva localizzare in una certa zona ma con le schede sim Gsm era impossibile fare la localizzazione.

Individuata l’ipotetica casa, un ragazzo della mobile propose di bucare la marmitta di una moto in maniera che facesse un rumore particolare. Quando c'era una telefonata di Brusca in corso, il
motociclista è passato e ha dato due accelerate e il rumore si è sovrapposto. Era la certezza che era lì e quindi lo abbiamo catturato».

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