
Cosa nostra cerca ancora i suoi riferimenti nei vecchi padrini anche se ormai il potere, in considerazione della difficoltà di ricostituire la cupola provinciale, è diventato quasi un fatto di «dinastia». Nonostante gli anni, le condanne e le inchieste, le famiglie mafiose guardano ai capi storici come figure centrali attorno a cui riorganizzare le gerarchie e ricostruire il controllo del territorio.
Secondo la recente relazione presentata al Parlamento dalla Dia, «la direzione e la scelta delle linee d’azione operative di Cosa nostra palermitana risultano essere generalmente esercitate da anziani uomini d’onore che, tornati in libertà, riacquistano il proprio ruolo all’interno dell’organizzazione stessa».
Ma - argomenta la Direzione investigativa antimafia - accanto ai boss di lungo corso e di comprovata affidabilità, vista «l’assenza di una legittima struttura di comando», starebbe emergendo una nuova generazione composta «da giovani esponenti di famiglie mafiose di rango, che risultano essere meno propensi a un mutuo riconoscimento dell’autorevolezza di soggetti di vertice del passato».
Varie inchieste hanno confermato «come posizioni di rilievo, all’interno della struttura mafiosa, siano destinate ai figli dei capimafia proprio in ragione della loro discendenza familiare». Un fenomeno che coinvolge più mandamenti: dalla Noce a Porta Nuova, da Resuttana a Tommaso Natale, passando per Pagliarelli.
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