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La strage di Monreale, il papà di Andrea: «Voglio giustizia dallo Stato o me la farò da solo»

Andrea Miceli
Andrea Miceli

«Quello che non accetterò mai è che me l’abbiano ammazzato in quel modo. I genitori di quegli assassini li potranno vedere in carcere, forse un giorno potranno anche uscire. Io posso solo piangere mio figlio in una tomba di marmo». Lo dice a Giacomo Miceli, padre di Andrea, uno dei ragazzi uccisi a Monreale. Lo dice mentre si trova davanti alla camera mortuaria del Civico di Palermo e con la voce rotta dall’emozione dice: «Chiedo giustizia per mio figlio. La pretendo da questo Stato. Per lui e per gli altri ragazzi morti. La mia vita è finita ieri. O verrà fatta giustizia o me la farò io da solo».

«Voglio fare un appello alle famiglie di quei delinquenti - aggiunge - Voglio chiedere ai genitori di chi ha ammazzato come un cane tre ragazzi con una vita davanti: convincete i vostri figli e i loro complici a costituirsi. Mi hanno tolto un figlio e un nipote, non rivedrò più i loro sorrisi per colpa anche vostra che non siete riusciti a educarli. Ora vi chiedo un gesto per rendere giustizia ad Andrea, Salvatore e Massimo».

«Mi hanno chiamato di notte, girava voce di un fatto in piazza ma all’inizio non ci ho dato peso - racconta - Poi altre telefonate che dicevano: Andrea è in ospedale. Con mia moglie e gli altri due figli siamo corsi al Civico, ma non c’era più nulla da fare». Gli amici di Andrea gli hanno raccontato che «si è comportato come un eroe. Quando mi hanno raccontato cosa ha fatto sono scoppiato in lacrime. Andrea ha preso la sua ragazza e l’ha portata al sicuro, poi è tornato a salvare suo cugino Salvatore dalla ferocia di quel branco. Sono stati uccisi mentre tentavano di aiutarsi a vicenda. Erano così i nostri ragazzi, così li abbiamo educati».

«Non sono tutti delinquenti allo Zen, ma se molti vengono da lì forse un problema c’è - conclude l’uomo - Le morti di mio figlio, di mio nipote e del loro amico sono anche colpa di uno Stato che non ha mai voluto risolvere il problema delle periferie abbandonate da decenni. Andrea era un uomo di 26 anni, non un giovane, capace di prendersi le sue responsabilità. Lavorava con me ed era entusiasta di costruirsi il suo futuro. Una persona generosa, con un senso fortissimo di famiglia, con la stessa fidanzata da anni, una roccia a cui appoggiarsi. Su cui da oggi non potrò più contare».

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