
Un imputato condannato dopo l’assoluzione in primo grado, un aumento di pena, una riduzione e per il resto sette conferme, anche di tre assoluzioni: è la sintesi della sentenza della Corte d’appello di Palermo, che oggi pomeriggio ha deciso il processo Octopus contro la mafia di Bagheria.
I giudici hanno condannato a 6 anni e 8 mesi Giovanni Catalano, che in primo grado era stato scagionato dall’accusa di avere imposto un buttafuori al locale Reloj di via Pasquale Calvi. In accoglimento del ricorso della Procura adesso l’imputato è stato condannato e il fratello Andrea Catalano è passato da 8 anni a 8 e 4 mesi.
Riduzione di un mese per Gaspare Ribaudo, che ha avuto 7 anni e tre mesi. Per il resto sono stati confermati i 5 anni inflitti a Cosimo Calì; 7 anni e 6 mesi a Emanuele Cannata; 8 mesi e la pena sospesa a Francesco Fazio; un anno a Davide Ribaudo.
Erano già stati assolti in primo grado Ferdinando Davì, Antonio Ribaudo e Emanuele Rughoo Tejo e ora i giudici hanno ritenuto inammissibili i ricorsi del pm. I condannati dovranno risarcire le parti civili anche per il giudizio di secondo grado: il Centro Pio La Torre, Addiopizzo, Sicindustria, Federazione antiracket, Sos Impresa, Confcommercio e Solidaria.
Tra le persone offese costituite nel processo anche i titolari del Caffè Verdone di Bagheria, sostenuti e assistiti da Addiopizzo: avevano denunciato le estorsioni subite e aggravate dal metodo mafioso. In molti altri casi veniva seguito il sistema utilizzato per il Reloj: gli esattori di Cosa nostra non chiedevano soldi ma spingevano affinchè venissero assunti i loro buttafuori, in maniera da controllare pub e discoteche con gente di loro fiducia. Questo era avvenuto anche per il locale bagherese: soprusi, aggressioni, minacce ed estorsioni miravano a imporre la vigilanza privata nel pub
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