
«Mettersi in ascolto degli altri per essere attenti e vigili come sentinelle sociali pronti ad aiutare chi soffre». A dirlo è stata, questa mattina, Lucia Annibali, durante un incontro con i giovani del Gonzaga Campus, avvenuto nella biblioteca dell'istituto.
La donna, nell'aprile del 2013, è stata sfregiata in viso con l'acido da un uomo che non si era rassegnato alla rottura della loro relazione. Ancora una volta, ha trovato la forza di raccontarsi e di rispondere alle diverse domande dei ragazzi e delle ragazze dei licei. All'incontro sono intervenuti, pure il preside dei licei Giuseppe Pulvirenti e Daniela Palumbo, autrice del libro «Il futuro mi aspetta».
«La mia storia vorrei che fosse uno strumento per trasmettere alcuni messaggi ai giovani delle scuole - ha detto Lucia Annibali -. Proprio per questo, ho scelto di scrivere, a distanza di alcuni anni, un secondo libro per riuscire ad entrare in dialogo con voi giovani. Sono dovuta ripartire da zero per potermi rimettermi, a poco a poco, di nuovo nel mondo. La mia sfida è quella oggi di andare avanti ogni giorno impegnandomi della sensibilizzazione sociale e culturale».
«Negli anni di quella relazione malsana, ho provato grande senso di solitudine, rabbia e frustrazione per non riuscire a trovare una via di uscita – ha raccontato ancora -. La violenza toglie completamente la tua libertà. Fare sport, ricordo che mi ha aiutato dandomi alcune soddisfazioni. La violenza terribile è arrivata quando ho deciso di dire basta. Dopo l'aggressione, già in ospedale, nonostante le difficoltà e sofferenze che avevo, ho scoperto tutta la mia forza e le capacità che mi hanno fatto affrontare la mia nuova vita con impegno e sacrifici».
«La violenza, prima di tutto, va riconosciuta per capire come meglio intervenire. Io non sono la Lucia di tanti anni fa ma la Lucia che ha maturato quello che è avvenuto. Chiedere aiuto è fondamentale nei confronti di chi può sostenerti. Non è facile perché la violenza non è sempre qualcosa di immediatamente riconoscibile. Chiedere aiuto è importante per uscire dall'isolamento. Ogni persona deve fare i conti con le proprie risorse per capire come proseguire nella propria vita. Il mio percorso di recupero non è stato facile. La mia famiglia mi è stata molto vicina. Nel mio cammino ho incontrato, finora, persone molto positive a cui ho dato fiducia. Nonostante le mie ferite, non solo fisiche, che porto dentro, raccontarmi è un modo per aiutare tante altre persone».
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