
È un messaggio che non deve passare: la mafia non è stata definitivamente sconfitta. «Cosa nostra è giovane, ma lo era pure in passato - dice Maurizio de Lucia - sono cambiati solo i metodi e il ricorso a forme di violenza meno cruenta. Viene ancora cercata da politica e imprenditoria, che pure non hanno o non avrebbero più questa necessità». E soprattutto investe gli enormi profitti dei traffici di stupefacenti sul cosiddetto Overtourism, la nuova frontiera del business delle città invase da frotte di persone. De Lucia, 64 anni, dal 2022 procuratore della Repubblica di Palermo, non ha al suo attivo solo la relativamente recente cattura di Matteo Messina Denaro, ma anche il processo che quasi vent’anni fa sconvolse le istituzioni regionali, con la condanna - poi espiata in carcere - di un presidente della Regione (Totò Cuffaro) che era in carica quando subì la prima sentenza.
Per il capo della Direzione distrettuale antimafia la prima domanda è quasi d’obbligo: qual è lo stato di salute della mafia?
«Non è quella degli anni ’80 e ’90, che lo Stato combatteva solo con alcune sue parti, purtroppo isolate, né contro di essa c’è più la sensibilità di segno del tutto opposto, seguita alle stragi del 1992, una mobilitazione generale che l’aveva e l’ha indebolita. Però il messaggio secondo cui è definitivamente sconfitta non deve passare, sarebbe un grave errore».
Siamo sempre lì; se esiste l’antimafia, evidentemente c’è la mafia. I 181 arresti di febbraio, tutti insieme, non se li aspettava quasi nessuno.
«E non ci sono stati solo questi, che magari colpiscono di più per il numero: il mese prima la polizia aveva eseguito l’ordinanza del procedimento Bonura+20, a dicembre 2024 i carabinieri avevano portato a segno 50 fermi, tutti confermati, contro la mafia agrigentina».
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