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«Mi urlava: non posso averti, meglio ucciderti», il racconto di una donna sfregiata rimasta senza lavoro

Barbara Bartolotti racconta il suo dramma: l’aggressione da un ex collega di lavoro a Carini nel 2003, il suo calvario tra le sofferenze

Carini, 20 dicembre del 2003, una giornata come le altre che però ha cambiato terribilmente la vita di Barbara Bartolotti, colpita a martellate dall’ex collega di lavoro, accoltellata ripetutamente e data a fuoco. Da quel momento una via crucis tra ospedali, interventi chirurgici, dolori fisici, traumi psicologici e la perdita del lavoro mai più ritrovato a causa del suo aspetto fisico. Dopo il danno la beffa drammatica che stride con la necessità di giustizia: il suo aggressore è libero e lavora in banca.

Lei ventidue anni fa ha finto di morire per restare in vita.

«Lavoravo come ragioniera in una impresa edile, ero felice, mi occupavo dell’amministrazione e di varie faccende anche più pratiche legate all’attività dell’azienda. Avevo buoni rapporti con i colleghi, immaginavo un futuro sereno, avevo già due figli ed ero incinta del terzo. Tra i tanti colleghi c’era un geometra, nipote del proprietario, che spesso mi faceva da autista anche perché trasportavo denaro per i pagamenti e la sua figura doveva proteggermi. Non pensavo certo di essere in pericolo. Mi viene da sorridere a pensarci oggi, bella protezione. Poi all’improvviso il buio, l’aggressione, quattro martellate alla testa, coltellate, pugni, calci, una tanica di benzina addosso, il fuoco. Mi gridava: “non posso averti meglio ucciderti”. Sono sopravvissuta ma la mia esistenza è stata spezzata».

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