Palermo

Domenica 23 Febbraio 2025

Una vita senza il papà ucciso dai boss: Enrica Parisi racconta Roberto, assassinato 40 anni fa

«Quarant’anni senza di te, senza aver mai conosciuto il sorriso che mi hai lasciato e senza aver il ricordo della forza di un tuo abbraccio. Ero troppo piccola per ricordare ma non per sentire costantemente la tua assenza nella mia vita. Ci sono legami vissuti, altri che per un’energia chimica restano come una calamita nei sentimenti più intimi. Un legame profondo, nutrito dai racconti di chi ti ha sempre amato». Enrica Parisi, 41 anni, la figlia di Roberto, l’imprenditore e presidente del Palermo Calcio assassinato dalla mafia la mattina del 23 febbraio del 1985, usa il cuore e i sentimenti in una riflessione per onorare il quarantesimo anniversario della scomparsa del papà, tenace capitano d’azienda caduto per non essersi piegato alle logiche criminali in una Palermo segnata dalla violenza che, in quell’epoca, aveva le sembianze di una succursale dell’inferno. Lei, che quel giorno aveva poco più di un anno di età e che ha coltivato intimamente l’affetto per il padre, in un sobrio ragionamento sul filo della memoria afferma: «Sei come un dipinto interpretato e letto nelle tante sfumature del tuo carisma. Mi hai lasciato questo, l’orgoglio di una figlia che per coincidenze imprevedibili della vita ha incontrato, anche soltanto per una volta, delle persone che ti hanno conosciuto. Loro sono stati i miei tassellini di un puzzle con il tuo volto. Ognuno di loro mi ha trasmesso delle emozioni, mi ha dato una parte di te che si univa perfettamente con le altre storie. Un uomo, nel pieno dei suoi progetti imprenditoriali, che aveva ritrovato la forza di vivere e di pensare al futuro dopo la tragedia di Ustica. Un uomo che per i suoi impegni lavorativi aveva poco tempo da dedicare a se stesso ma sempre attento alle difficoltà degli altri. Tante storie con un unico sapore quello della tua generosità d’animo». Roberto Parisi, ingegnere di origini torinesi, cavaliere del lavoro e cavaliere dell'ordine di Malta, fu falciato all’età di 53 anni da un commando di Cosa nostra la mattina del 23 febbraio di 40 anni fa assieme al suo autista, Giuseppe Mangano, mentre stava per raggiungere in auto la sede dell’azienda, la Icem, che si occupava della gestione dell’illuminazione pubblica in città. I killer entrarono in azione in via Calcante, nella zona di Partanna Mondello, usarono pistole e mitragliatori. Nei processi celebrati nel corso degli anni, che solo in parte hanno fatto luce sul delitto (sono stati individuati solo alcuni esecutori materiali ma non i mandanti, così come il movente è oscuro), è emerso come l’imprenditore abbia pagato con la vita i suoi no a Cosa nostra in un contesto criminale in cui gli appalti pubblici erano appannaggio di un gruppo di potere politico-affaristico-criminale. Roberto Parisi aveva perso la prima moglie Elvira De Lisi e la figlia Alessandra nella strage di Ustica del 27 giugno del 1980, poi aveva sposato Gilda Ziino. Dalle seconde nozze era nata Enrica. E la figlia ricorda l’impegno civile del padre, i suoi «progetti per la collettività, la scuola per i bambini del Borgo Vecchio, le chiese, il reparto del Policlinico per le trasfusioni pediatriche. E poi il mare, la tua grande passione per la vela. Il tuo elemento naturale. La barca Guizzo, dove tutti i tuoi pensieri per pochi momenti svanivano. Ti immergevi da ingegnere nelle strumentazioni di bordo senza sentire neanche il bisogno di andare in acqua». L'ingegnere Parisi, nella prefazione di un libro dedicato al Palermo calcio, scriveva di essere «discreto tennista, velista appassionato, ma non certo praticante o tifoso del gioco del pallone. A spingermi a vivere in prima persona questa avventura sportiva è la convinzione che il calcio è elemento di civiltà e crescita sociale, un'occasione in più per i giovani contro le piaghe che avvelenano la nostra società, ovvero, violenza, droga e disoccupazione». Parisi sognava «un Palermo da serie A. Per me ha senso solo in una città di serie A. È chiaro che ciò comporta impegni non piccoli, non singoli ma collettivi, con tempi non certo brevi». Ma i sogni dell'imprenditore furono spezzati dal piombo mafioso. «La vita ha voluto separarci ma tu hai lasciato un ricordo sempre commosso in chi ti ha vissuto - conclude la figlia Enrica -. Grazie papà per la forza che hai avuto di dire no, sacrificando noi e la tua stessa vita. Grazie a chi ti ha conosciuto e mi ha raccontato di te. Grazie a mia mamma, donna e madre esemplare».

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