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Dieci anni di carcere per Giuseppe Romano, sette per il cugino Agostino. Sono le pene chieste dalla Procura per i due uomini accusati di avere violentato una turista italo-canadese in un bed and breakfast di via Marinuzzi (nella foto). I due imputati, difesi dagli avvocati Pietro Capizzi e Antonio Lo Iacono, hanno sempre respinto le accuse, mentre la presunta vittima, assistita dall’avvocato Ivana Rigoli, ha ribadito la sua versione. Ma il giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta ha deciso di non emettere subito la sentenza, disponendo un’altra ordinanza con cui ha chiesto invece di approfondire le indagini stabilendo l’audizione di alcuni testimoni. Nella prossima udienza del 10 marzo saranno sentiti i carabinieri che hanno raccolto la denuncia della trentaseienne e il medico che l’ha visitata, per chiarire se presentasse lesioni compatibili con quanto ha denunciato. Una scelta che mostra come, per il Gip, ci siano ancora punti oscuri.
Secondo la ricostruzione della Procura, Agostino Romano avrebbe conosciuto la turista al Policlinico indicandole il reparto in cui era ricoverato il fidanzato. Da lì si sarebbe fatta accompagnare in giro per la città, poi avrebbe cenato con lui e con Giuseppe Romano a base di pollo, birra e sambuca, fino a salire insieme ai due nella stanza del B&B. Da quel momento sarebbe cominciato l’incubo: durante l’incidente probatorio ha raccontato di essere stata costretta a bere e poi abusata sessualmente, fino a perdere completamente i sensi e il mattino seguente, secondo la sua testimonianza, Agostino avrebbe cercato di baciarla mentre si trovavano sul divano, ma lei avrebbe riso nervosamente e rifiutato. Il giorno dopo si sarebbe svegliata con una sensazione di confusione e dolore, motivo per cui ha puntato il dito contro i due cugini Romano.
Da parte loro gli imputati hanno sempre respinto questa versione. Entrambi non negano che ci sia stata una notte di sesso ma sostengono che lei avrebbe partecipato volontariamente e che il blackout di memoria potrebbe essere stato causato dall’alcol assunto spontaneamente. Gli esami tossicologici non avrebbero rilevato tracce di sostanze stupefacenti oltre alla cannabis che comunque avrebbe ammesso di avere fumato durante la serata. C’è poi il nodo dei reperti: l’italo-canadese ha dichiarato di aver pulito la stanza prima di recarsi in caserma e così facendo avrebbe gettato nel cestino potenziali prove, compresi i profilattici usati, rendendo di fatto impossibile un riscontro scientifico alle accuse. Un dettaglio su cui i legali dei Romano insistono, sottolineando anche come i riscontri medici sulla presunta violenza sarebbero contraddittori perché la visita non avrebbe evidenziato segni inequivocabili di costrizione fisica o lesioni compatibili con un rapporto non consensuale. Dubbi che potrebbero essere chiariti con l’audizione dei militari e dei medici nel corso della prossima udienza che potrebbe essere decisiva.
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