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La notizia della morte in una clinica privata di Calì, in Colombia, del boss latitante palermitano Giovanni Motisi perde consistenza: dopo la pubblicazione sul sito del settimanale Gente, la polizia non ha trovato alcun riscontro a quanto scritto dal fotografo sardo Antonello Zappadu.
Lo stesso giornalista è stato ascoltato, su delega della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ma non ha fornito alcun elemento utile: solo indicazioni generiche sulla clinica in cui Motisi, detto il Pacchione, il grasso, sarebbe stato ricoverato sotto falso nome e però mancano riferimenti sul periodo del ricovero e del decesso. Giovanni Motisi, latitante dal 1998, è stato condannato all’ergastolo per la strage di viale Croce Rossa, in cui, il 6 agosto 1985, furono uccisi il vicequestore Ninni Cassarà e l’agente Roberto Antiochia. Gli accertamenti, fatti dallo Sco in collaborazione con le forze dell’ordine colombiane, non offrono finora alcuna conferma sulla fine del killer prediletto da Totò Riina.
L’ultima immagine reale di Motisi risale al 1998, ma la polizia ha elaborato un identikit al computer con la tecnica dell’age progression. Di recente il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, ha detto che le ricerche non si sono mai interrotte. Motisi avrebbe cercato più volte, in passato, di accreditare la notizia della propria morte per fermare le attività degli investigatori.
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