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Una partita di cocaina non pagata ai trafficanti calabresi e un summit di mafia convocato in fretta e furia per evitare che lo sgarro potesse provocare un conflitto pericolosissimo. Nei capitoli delle inchieste sfociate, a Palermo, martedì nell’operazione dei carabinieri con 181 arresti, l’affare degli stupefacenti occupa migliaia di pagine e non è raro imbattersi in storie criminali in cui qualcuno tenta di fare il furbo, con altissimi rischi personali. Il 23 luglio del 2023 gli investigatori registrano un vertice tenuto in una casa di via Albergheria, tra esponenti di rilievo delle famiglie di Porta Nuova, Palermo Centro e alcuni pregiudicati di Ballarò specializzati in droga. Tra questi, secondo l’accusa, ci sono Giovanni Castello, il suo vice Giuseppe Di Maio, Stefano Comandè, Filippo Maniscalco, Francesco Paolo Viviano, Attanasio La Barbera, Vincenzo Selvaggio, oltre a un rappresentante della Noce.
Il motivo dell’incontro era da ricondurre ad alcuni gravi problemi sorti per il mancato pagamento di una partita di stupefacente ai fornitori calabresi, dai quali, come emergerà da una intercettazione, alcuni personaggi di Ballarò si erano fatti consegnare un pacco e poi erano scappati senza pagare.
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