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Migranti, dalle torture alla richiesta di 11 mila euro per approdare in Italia: fermati due bengalesi

Insieme ad altri indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nella forma aggravata

Un vasto traffico di migranti tra Bangladesh, Libia e Italia. La prigionia, le torture nei campi-lager libici e poi la partenza pagando un esoso biglietto di 11 mila euro. Due i fermi di indiziato di delitto seguiti dai poliziotti delle Squadre mobili di Palermo e Agrigento, nonché dal Servizio centrale operativo, su delega della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano.

Il provvedimento ha riguardato due fratelli bengalesi ritenuti responsabili, con altri indagati in corso di identificazione, di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nella forma aggravata. Farebbero parte di una associazione criminale, a carattere trasnazionale, attiva nel traffico di migranti, prevalentemente di nazionalità bengalese.

Il gruppo, con ramificazioni in Bangladesh e in Italia, si è avvalso del supporto operativo di alcuni trafficanti in Libia in qualità di gestori delle safe house, dove i migranti vengono reclusi e torturati al fine di ottenere somme di denaro che i familiari dei prigionieri versano come prezzo della liberazione dei loro congiunti, per consentire loro di intraprendere la traversata via mare sino alle coste siciliane.

Gravi le responsabilità emerse a carico di uno dei due fratelli bengalesi, il quale ha diretto e promosso l’associazione, organizzando, in modo continuativo e per lucro, il viaggio dal Bangladesh alla Libia e dalla Libia verso l’Italia, di molti connazionali, giunti a Lampedusa dal 2020.

Nel corso degli approfondimenti investigativi è stato accertato che il fratello maggiore dell’indagato, destinatario del medesimo provvedimento di fermo, nell’agosto 2022 ha collaborato con l’organizzazione criminale diretta dal congiunto, favorendo l’ingresso irregolare di almeno cinque migranti, che partiti in aereo da Dacca, hanno fatto un primo scalo a Dubai, poi in Siria, fino a giungere all’aeroporto di Bengasi. Secondo le testimonianze rese dalle vittime, in Libia sono rimasti per oltre un mese in un campo di prigionia sotto la minaccia costante dei trafficanti, privati anche dei principali mezzi di sussistenza.

Il costo del singolo viaggio per l’Italia ammontava a circa 11 mila euro, prezzo che i migranti pagano in più tranche, la prima, di circa 6 mila euro, veniva consegnata direttamente ai componenti della famiglia dei due indagati a Dacca, il resto ai membri della compagine criminale presenti nelle città di transito.

Il provvedimento restrittivo è stato eseguito insieme alla Polizia di Frontiera, all’aeroporto di Roma Fiumicino, dove il fratello si era recato per ricevere il congiunto rientrato con un volo proveniente dal Bangladesh.

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