La terza sezione del tribunale di Palermo ha condannato a pene pesanti quattro degli otto imputati del processo denominato Giano bifronte, su un accordo corruttivo tra un gruppo di dipendenti del Comune, di professionisti e imprenditori interessati a realizzare insediamenti e lottizzazioni abitative in alcuni quartieri di Palermo. Tre imputati hanno avuto pene contenute e c'è anche un’assoluzione. La pena più alta è toccata al costruttore Giovanni Lupo, titolare della ditta che sarebbe stata agevolata, la Biocasa: ha avuto otto anni. Sette anni sono toccati invece al dirigente Mario Li Castri, che sarebbe stato la longa manus della «cricca» all’interno dell’amministrazione municipale, all’epoca guidata da Leoluca Orlando; stessa pena all’architetto Giuseppe Monteleone, che guidò lo Sportello unico attività produttive (Suap); cinque anni a Fabio Seminerio, ex socio di Li Castri in uno studio privato e poi autore di progettazioni realizzate nello stesso contesto speculativo. Pene più basse per l’ex consigliere comunale del Pd Sandro Terrani (8 mesi), e per gli imprenditori Giovanni Lo Cascio e Francesco La Corte (un anno ciascuno). Unica assolta è Giovanna D’Attardi, che sarebbe stata raccomandata per ottenere un lavoro che poi però non ebbe. Prescrizione per il direttore di un cantiere della Biocasa, Agostino Minnuto. Il collegio presieduto da Fabrizio La Cascia ha riconosciuto fondate le tesi dei pm Andrea Fusco e Giovanni Antoci: anche se il Consiglio comunale, frenato dai sospetti di «combine», non diede il via libera alle lottizzazioni, le corruzioni si perfezionarono e il reato più grave è stato riconosciuto sussistente.
La cricca dell'Edilizia privata al Comune di Palermo: 7 condannati tra ex dirigenti e consiglieri comunali
La pena più alta è toccata al costruttore Giovanni Lupo, titolare della ditta che sarebbe stata agevolata, la Biocasa: ha avuto otto anni
Caricamento commenti
Commenta la notizia