Palermo, Lorefice: «Per Yasmine e Ivan non c'era posto, come per Gesù e Maria» - IL VIDEO DELLA MESSA IN CATTEDRALE
«Cosa significa e comporta per noi celebrare il Natale in questi giorni della vicenda di Yasmine e Ivan?». È alle storie dell’undicenne delle Sierra Leone, unica superstite di un barcone con 45 persone tra le quali il fratellino e la madre, e del neonato venuto alla luce in strada a Palermo e poi abbandonato all’ospedale Buccheri La Ferla, che il vescovo di Palermo Corrado Lorefice ha dedicato l’omelia della messa di Natale. Come ogni anno, centinaia di fedeli hanno affollato la Cattedrale ed è a loro e alla città che il vescovo si rivolge, attualizzando la nascita del figlio di Dio perché «non c’era posto per loro, per Yasmine e Ivan come per il piccolo Gesù; per la mamma di Ivan come per Maria, la madre di Gesù. Eppure per loro è stato Natale. Negli occhi di chi li ha soccorsi, i loro occhi hanno visto il ritorno del Signore, la salvezza del nostro Dio». «Yasmine, bambina undicenne della Sierra Leone, unica superstite di un ennesimo naufragio consumatosi nel Mare Nostro, non più mare di incontro e di scambi bensì barriera invalicabile, teatro di crudeltà e stagno di morte, soccorsa grazie ad una piccola imbarcazione di una Ong, ad una zattera di pescatori di uomini in balia dei flutti. Ivan, partorito in una notte fredda per strada, qui a Palermo, da una donna con mille fragilità dopo una gravidanza portata avanti senza alcun accompagnamento medico, senza cure e premure. Nella stagione di una possibile guerra totale e in un tempo in cui ci siamo abituati alle esibizioni di forza, abbiamo paura della debolezza di Yasmine, di Ivan e della sua mamma. Li lasciamo in balia delle onde e in mezzo alle nostre strade, in balia all’ipotermia causata dai nostri cuori raffreddati e induriti, travolti dalla solitudine scavata dai pregiudizi mentali, etici, sociali, culturali e perfino religiosi. Yasmine e Ivan chiamati a cantare la vita, rischiavano - come tanti altri bambini - di essere inghiottiti dai marosi di una cultura dell’indifferenza e della morte che è diventata mentalità comune e visione politica.