Quasi tutte confermate in Cassazione le condanne per i 5 imputati al processo in abbreviato su mafia e scommesse, scaturito dall’operazione «Game over» del 2018 che ha visto Partinico al centro dell’inchiesta. Unico piccolo sconto di pena per Benedetto Sgroi, difeso dall’avvocato Maria Polizzi, che da 9 anni, 1 mese e 10 giorni si è visto ridurre la condanna a 8 anni, 8 mesi e 10 giorni. Per il resto tutto confermato, a partire da quello che è considerato il boss di mafia di Partinico, Francesco Nania, che ha avuto inflitti in via definitiva 9 anni e 2 mesi di reclusione.
La pena più alta per Antonino Pizzo, che ha avuto 9 anni, 2 mesi e 20 giorni; a seguire Antonio Lo Baido, che ha rimediato 9 anni, e Jonathan Gerardo Orvieto Guagliardo, a cui sono stati confermati 6 anni e 2 mesi.
Si è arrivati a questa sentenza dopo che la Cassazione aveva sollecitato la Corte a rivedere una prima sentenza emessa in appello, rinviando quindi ad altra sezione di secondo grado per riformulare le pene tenendo conto della caduta dell’aggravante dell’autoriciclaggio. Nel dicembre dell’anno scorso la quarta sezione penale della Corte d’appello pronunciò la nuova sentenza che adesso in Cassazione è stata quasi integralmente confermata. Così come sono stati confermati anche i risarcimenti alle parti civili: ad essersi costituiti il Comune di Partinico, l’associazione Antonino Caponnetto, Sicindustria, il Centro Pio La Torre, Confesercenti, Confcommercio, Solidaria ed Sos impresa.
Il blitz della squadra mobile, nel 2018, avrebbe fatto emergere l’esistenza di un’associazione che operava fra la Sicilia e Malta. Grazie all’appoggio della mafia l’imprenditore di Partinico Benedetto Ninì Bacchi, condannato insieme ad altri imputati in un altro processo in ordinario, e Antonino Lo Baido avrebbero creato un impero di agenzie di scommesse. Lo Baido e Bacchi avrebbero stretto «accordi con i capi delle associazioni criminali dei quartieri di Palermo che avrebbero imposto le loro imprese quali unici soggetti legittimati a gestire videopoker e scommesse online».
In cambio Bacchi e Lo Baido avrebbero pagato una tassa fissa alle famiglie mafiose. Nania era principalmente interessato agli affari imprenditoriali sull’asse con l’America. Intercettato nel corso dell’indagine disse, parlando con uno degli indagati: «Io vi do il pomodoro a 17,5 euro. E voi dovete riempire New York di questo pomodoro. Questo minc… di pomodoro deve arrivare pure nei cogl.... di Obama». Il boss, non sapendo di essere intercettato, parlava della sua attività di import-export di prodotti agroalimentari con gli Usa. Sulla base delle iniziali contestazioni la Procura aveva evidenziato che Nania aveva avviato una attività di import export di alimentari.
E Bacchi, attraverso prestanome, si era messo a studiare come reinvestire: comprava terreni, immobili, finanziava imprese edili ed altre ancora legate alle energie rinnovabili. Addirittura aveva ipotizzato anche l’acquisto di testate giornalistiche. Nel corso dell’inchiesta furono sequestrati 120 mila euro in contanti, immobili e 9 società. Otto erano legate a giochi e scommesse, di cui 4 si trovavano con sede legale a Malta. Un’altra società era nel settore del commercio alimentare ed era proprio quella di Nania
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