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«Non c’era nessuna gara»: si presenta dai vigili il motociclista che era in viale Regione Siciliana a Palermo quando Gianluca si è schiantato

Gianluca Billitteri

«Non stavo facendo gare, anzi sono stato il primo a soccorrere Gianluca Billitteri dopo lo schianto. Non c’entro nulla e non stavo facendo una prova di velocità». Sono le parole che riferite agli agenti del comando di polizia municipale dal motociclista che si trovava in sella a un Sh Honda la notte tra giovedì e venerdì, quando Billitteri si è schiantato contro il pilastro in cemento di viale Regione Siciliana, in direzione Trapani, all’altezza di corso Calatafimi.

L’uomo, spaventato dalla prima ipotesi investigativa che stava prendendo corpo dopo le testimonianze rese nell’immediatezza dei fatti, quella appunto di una possibile sfida clandestina di cui era stato indicato come uno dei competitors, ha deciso di presentarsi spontaneamente alle forze dell’ordine per raccontare ciò che ha visto e sottolineare la sua estraneità ai fatti.

Un gesto già tentato sabato mattina, quando l’uomo era andato dai carabinieri, che lo avevano reindirizzato alla polizia municipale: il centauro aveva così concordato un appuntamento per ieri alle 15. I caschi bianchi della sezione infortunistica lo hanno accolto verbalizzando le sue parole, che smentirebbero l’ipotesi della gara su strada, formulata nelle ore successive all’incidente. L’inchiesta comunque continua.

La traccia investigativa si era aperta a seguito di alcune dichiarazioni rese da testimoni, che quella maledetta notte si trovavano a passare per viale Regione Siciliana: alcuni avrebbero parlato di più mezzi lanciati a folle velocità subito dietro l’Alfa Romeo di Gianluca Billitteri, l’Sh appunto e una Volkswagen Golf, altri di più motocicli che avrebbero seguito i mezzi lungo la strada. Tutte caratteristiche legate al mondo delle corse clandestine, cui però Billitteri sembrerebbe non appartenere, così come avevano con forza sottolineato i parenti del trentaduenne, di cui ieri si sono celebrati i funerali.

Fin da venerdì, amici e parenti etichettavano come «impossibile» l’idea della corsa e avevano lanciato un appello a chi si fosse trovato in quel momento sul luogo dell’incidente. «Andate dalle forze dell’ordine e spiegate, dite la verità»: e così sarebbe avvenuto. L’uomo dell’Sh è andato e ha fornito la propria versione: le indagini non sono ancora chiuse, ma riprende quota la possibile soluzione dell’incidente non provocato da altri.

I parenti vogliono che «venga restituita la giusta memoria a Gianluca - spiegano - e per questo, se veramente oltre allo scooter nei pressi c’era una Volkswagen Golf, chiediamo a chi fosse alla guida di andare al comando di via Ugo La Malfa per raccontare e spiegare che sicuramente non si trattava di una corsa clandestina. Di raccontare la verità. Noi non li conosciamo, ma abbiamo saputo che l’uomo che si trovava in sella al due ruote era presente oggi (ieri, ndr) in chiesa per i funerali. Gianluca era un bravo ragazzo, gentile con tutti e siamo assolutamente certi che lui non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, cioè gareggiare clandestinamente. Non si sarebbe mai messo in giri strani e pericolosi».

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