Usavano, come pseudonimi, i soprannomi utilizzati nella serie La Casa di Carta alcuni degli indagati dalla Procura Europea coinvolti in un’inchiesta che ha portato alla luce una organizzazione criminale, con legami con la mafia di Brancaccio e con i clan camorristici dei Di Lauro e dei Nuvoletta, finalizzata a frodi dell’Iva per oltre 500 milioni.
Due delle persone coinvolte si facevano infatti chiamare Rio e Berlino.
«Mi sono accontentato certe volte di duecento euro al mese...Io ho smesso di fare determinate cose...lo sai. Significa che se lo avessi continuato con determinate cose, oggi non sarei qua seduto a parlare con te!...Avrei forse quindici anni...vent'anni...L'ergastolo...non si sa! Questa è un’altra cosa... quindi questo me lo sono preso come il mio lavoro!». Ripensava ai tempi magri delle estorsioni per Cosa nostra che gli portavano poche centinaia di euro al mese Toni Lo Manto, esponente mafioso di Brancaccio coinvolto nell’inchiesta della Procura Europea su una evasione dell’Iva di centinaia di milioni di euro. «Se questa cosa va in porto - diceva non sapendo di essere intercettato - poi noi ci sistemiamo la nostra vita per come si deve»
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