Non c’è stato alcun consenso da parte della vittima dello stupro di gruppo del Foro Italico. A troncare la discussione su questa ipotesi - rilanciata, dopo la sentenza contro i maggiorenni, dai loro avvocati (Leonarda Lo Presti, Simona Ciancitto, Carmelo Adamo, Alessandro Martorana, Giuseppe Farina, Claudio Congedo e Giorgio Zanasi), arrivano le motivazioni della sentenza con cui la Corte d’appello per i minorenni, presieduta da Giovanni D’Antoni, ha confermato la condanna a 8 anni e 8 mesi per Riccardo Parrinello, l’unico che la notte tra il 6 e il 7 luglio dell’anno scorso - quando si svolsero i fatti - non aveva ancora compiuto 18 anni per una manciata di giorni.
Per i giudici non può essere presa in considerazione la cosiddetta versione alternativa, secondo cui la ventenne avesse accettato di appartarsi con i coetanei. «Va subito detto - scrivono - che indipendentemente dal fatto, qui assolutamente irrilevante, che Asia, ragazza comunque maggiorenne, fosse una persona empatica e liberamente socievole e disinibita, la vittima del reato, a parte il bere in compagnia qualche cocktail al bar in una placida serata estiva, non avesse mai espresso, anche solo per facta concludentia, alcun consenso ai plurimi e reiterati rapporti sessuali imposti. Gli elementi che dimostrano tutto questo sono plurimi e inequivoci, anche oltre le chiare dichiarazioni della vittima che al riguardo è stata sempre precisa nell’escludere radicalmente qualsivoglia adesione da parte sua al progetto criminale dei prevenuti».
E ancora, ricordando le intercettazioni in cui gli aggressori si vantavano delle loro imprese (vedere l’articolo a lato), la Corte taglia corto: «A fronte di queste evidenze e di tante altre - è un altro passaggio delle motivazioni - provare a far trasparire, anche solo tra le righe, la possibilità di un pur larvato consenso della vittima, è veramente fuori contesto».
Nel processo d’appello la difesa di Parrinello aveva tentato di allegare le dichiarazioni rese durante le indagini difensive fatte dai legali con Nicole, un'amica rumena di Asia, che aveva trascorso in sua compagnia la prima parte della serata alla Vucciria. Ma la richiesta era stata respinta e lo stesso era avvenuto nel procedimento che vedeva alla sbarra i sei imputati, al tribunale ordinario. «Era infatti, come dalla stessa candidamente dichiarato, sottoposta quale indagata-imputata in un procedimento connesso, posto che Asia l'aveva querelata per altre precedenti dichiarazioni diffamatorie rese dalla cittadina rumena ai suoi danni. Prima di convocare, dunque, la giovane slava, quei difensori avrebbero dovuto vigilare e informarsi sulle prerogative personali della dichiarante e convocare - cosa assolutamente non fatta - il suo difensore perché presenziasse all'atto, nelle forme di legge. Il mancato rispetto di questi minimali passaggi procedurali ha determinato la piena e assoluta inutilizzabilità di quelle dichiarazioni».
Infine la mancata concessione delle attenuanti nonostante Parrinello fosse giudicato con il rito più favorevole dei minori. Inizialmente era stato affidato a una comunità ma poi era stato nuovamente arrestato per avere pubblicato commenti e video in cui rivendicava gli abusi: a suo carico anche una chat in cui ammetteva con un amico che la diciannovenne non era consenziente. «Non certo a caso - la chiosa finale - nelle relazioni in atti, anche nelle ultimissime redatte dagli psicologi e dagli educatori del sistema penitenziario minorile che lo ha in carico, il ragazzo mostra pentimento, ma solo nei confronti di se stesso e dei propri genitori che ha fatto soffrire tanto, senza tuttavia mai spendere una parola per la vittima».
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