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Palermo, la folle movida di via La Lumia: per il pistolero chiesti 7 anni

Il processo a carico di Marco Cucina, il «pistolero» di via Isidoro La Lumia a Palermo e dei suoi due complici, si avvicina alla conclusione, ma per la sentenza bisognerà attendere il prossimo 2 dicembre, come deciso dal giudice dell'udienza preliminare Antonella Consiglio. La vicenda risale al 10 dicembre dell’anno scorso quando una rissa, scoppiata in una delle strade più frequentate della movida palermitana, si trasformò in un momento di panico collettivo per i colpi di arma da fuoco esplosi in aria che crearono caos e paura tra i clienti dei locali della zona. Il sostituto procuratore Giulia Beux, nella sua requisitoria di giovedì, ha proposto di condannare Cucina, difeso dall’avvocato Riccardo Bellotta, a 7 anni e 4 mesi per aver sparato in aria con una pistola Luger calibro 9 durante il fuggi-fuggi in via La Lumia. Pregiudicato con alle spalle diverse condanne - l’ultima delle quali per evasione - il trentenne è reo confesso: si era reso irreperibile per due mesi anche se alla fine i carabinieri della compagnia di piazza Verdi lo avevano arrestato e attualmente è ancora rinchiuso nel carcere di Pagliarelli.

La difesa, nella sua arringa, ha cercato di ottenere una riqualificazione del reato chiedendo che il suo assistito sia giudicato secondo l’articolo 703 del codice penale, che punisce l’uso improprio di armi in pubblico, piuttosto che applicare il più severo articolo 421 bis introdotto dal decreto Caivano che prevede sanzioni più gravi. Meno pesanti le pene invocate per Salvatore Emanuele, 27 anni, rappresentato dall’avvocato Stefania Rubino, e Salvatore Miceli, 21 anni, (difeso anche lui da Bellotta), per i quali il pm ha invocato rispettivamente la pena di 3 anni e 6 mesi e di 2 anni e 4 mesi. Le indagini erano partite da un video ripreso da un balcone ma l’identità dei tre imputati era stata confermata grazie ai filmati delle telecamere installate tra via La Lumia e via Quintino Sella, alle testimonianze dei gestori dei locali e attraverso l’analisi dei loro profili sui social network.

Gli investigatori avevano subito dato un nome al pistolero che aveva fatto fuoco in aria in uno dei luoghi più frequentati della movida. Ma la svolta era arrivata tre giorni dopo i tafferugli quando i carabinieri erano andati in via Spoto, allo Sperone, per eseguire un decreto di perquisizione nei confronti di Cucina e di Salvatore Emanuele. Alla vista delle volanti entrambi erano scappati: l’unico fermato era stato Miceli, il quale aveva opposto resistenza ed era stato fermato. Secondo la ricostruzione, Cucina avrebbe esploso un colpo in aria nella vicinanze del locale Bonsignore di via Quintino Sella, e altri cinque in via La Lumia davanti a Pitto. Il pregiudicato sarebbe arrivato su uno scooter guidato da un amico e con lo stesso mezzo - così come si evince da numerosi video - sarebbe fuggito per ritornare allo Sperone.

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