Dodici anni di carcere. Tanto, secondo la Procura di Palermo, meritano cinque dei sei imputati accusati dello stupro di gruppo della ragazza di 19 anni, fatta ubriacare e violentata in un cantiere abbandonato del Foro Italico a luglio del 2023. Una violenza brutale che coinvolse anche un minorenne, già processato e condannato a 8 anni e 8 mesi, e un settimo giovane, Samuele La Grassa, per il quale oggi i magistrati hanno chiesto 10 anni e 8 mesi. Avrebbe assistito agli abusi ma non vi avrebbe materialmente preso parte.
Il processo - l’accusa era rappresentata dall’aggiunta Laura Vaccaro - si celebra col rito abbreviato che consente una riduzione della pena di un terzo. Ora la parola passerà alle difese, la sentenza è prevista per metà mese.
Alla scorsa udienza gli imputati hanno ripetuto quel che dicono dal giorno dell’arresto (sono tutti detenuti): non ci fu nessuna violenza, ma solo rapporti consensuali. Una tesi smentita dalle dichiarazioni della vittima, che ha denunciato tutto a poche ore dai fatti, da un video dello stupro, girato dal maggiore dei giovani del branco, Angelo Flores, e dalle intercettazioni disposte dagli inquirenti. Prove certe, secondo i magistrati di quanto avvenne a luglio scorso.
La ragazza incontrò il gruppo alla Vucciria, zona della movida di Palermo, fu fatta ubriacare e invitata a seguire la comitiva. Le videocamere piazzate in città ripresero la diciannovenne e i 7 avviarsi verso il cantiere abbandonato. Lì la giovane venne violentata. Più volte, lo raccontarono gli stessi indagati, non sapendo di essere intercettati, e lo prova il video. La vittima cercò di ritrarsi e chiese ai ragazzi di smettere. Poi venne abbandonata per strada e chiese a due donne di poter usare il cellulare per poter chiamare il fidanzato. La comitiva intanto si era allontanata dal cantiere per andare a mangiare in una rosticceria.
I responsabili vennero arrestati qualche giorno dopo lo stupro. L’unico a essere scarcerato fu il minorenne, perché il gip vide nelle parole pronunciate all’interrogatorio una sorta di pentimento. Uscito dalla cella e affidato a una comunità, cominciò a vantarsi del suo gesto sui social e tornò in carcere.
All’ultima udienza uno degli imputati, Christian Maronia, ha reso noto di avere scritto una lettera di scuse alla madre, alla sorella e alla fidanzata. «Le donne che amo», disse. «Sono stato additato - si legge nella missiva - di non avere avuto pentimento, il mio pentimento è quello che ho appena descritto, ho tradito l’onestà delle donne che amo, il vero pentimento è dolore e questo dolore a me non sta passando. Detto ciò, ho piena fiducia nella giustizia e, spero che sia fatta giustizia per tutte quelle vere vittime che subiscono giorno per giorno questi atti innominabili». Per la giovane stuprata nemmeno una parola di scuse.
«Sono reati che prevedono condanne molto pesanti come previsto dal codice. A me dispiace molto che questi giovani rischino una condanna molto alta, ma chi sbaglia paga», ha commentato Carla Garofalo, l’avvocato della ragazza. «In aula ho ribadito oggi che nessuno dei giovani ha chiesto scusa alla vittima - aggiunge l’avvocato Garofalo -. È stata letta una lettera da parte di uno dei giovani nella quale è stato chiesto scusa alla mamma, alla sorella, alla fidanzata. Nessuna parola per chiedere scusa alla vittima. Quella per me è una lettera kamikaze».
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