Alla fine di una requisitoria di 7 ore, i Pm di Palermo hanno chiesto di condannare a 6 anni di carcere Matteo Salvini per avere impedito cinque anni fa, quando era ministro degli Interni nel governo Conte, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti, con l’accusa di averli sequestrati a bordo della nave spagnola Open Arms. L'altro capo di accusa contestato è il rifiuto di atti d’ufficio. La richiesta della pena riguarda entrambi i reati che vengono contestati a Salvini che - come lui stesso ha dichiarato - rischiava fino a 15 anni di reclusione.
«Il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo», ha detto la procuratrice aggiunta Marzia Sabella alla fine della requisitoria. «Il diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione - ha aggiunto Sabella - In questo processo non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non perché siano clandestina o criminale. Leggeremo a uno a uno i nomi di queste persone per ricordarle».
«Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per aver difeso i confini del proprio Paese - dice Salvini, in una sorta di arringa sui social -. L’articolo 52 della costituzione italiana recita che la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data».
La richiesta dei Pm di Palermo ha avuto un effetto dirompente nel mondo della politica. «È incredibile che un ministro della Repubblica italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini». Lo afferma la premier Giorgia Meloni sui social, esprimendo «totale solidarietà» a Salvini. «Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo», ha aggiunto. La segretaria del Pd Elly Schlein, invece, ha trovato «molto inopportuno l’intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni» sulla richiesta di condanna di Matteo Salvini per la vicenda Open Arms. «Pensiamo che il potere esecutivo e quello giudiziario siano separati e autonomi. E’ un principio che si chiama separazioni dei poteri“ ha detto a Umbertide. «Quindi - ha sostenuto ancora Schlein - il rispetto istituzionale imporrebbe di non commentare processi aperti. Stupisce che mentre oggi ha trovato il tempo di commentare il processo Salvini, da ieri non abbia ancora proferito una parola sul patteggiamento di Giovanni Toti».
«Ribadisco ciò che ho detto stamane: Matteo Salvini ha fatto il suo dovere di ministro dell’Interno per difendere la legalità - scrive il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani su X -. Chiedere 6 anni di carcere per questo motivo appare una scelta irragionevole e per giunta senza alcun fondamento giuridico».
«Non è vero che il processo a Salvini è un processo all’Italia. E non è vero che si tratta di un processo politico. Salvini tenne in ostaggio 147 persone su una nave per giorni, in violazione di tutte le convenzioni internazionali, pur di non farle scendere su suolo italiano», scrive su Facebook Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra.
Secondo i Pm di Palermo, Salvini avrebbe agito nel 2019 non per una strategia concordata col governo Conte, come invece sostiene la difesa, ma per l’interesse ad aumentare il proprio consenso elettorale facendo leva sulla lotta all’immigrazione clandestina. Secondo l’accusa, non c’era alcun pericolo di terrorismo a bordo della nave e dunque non c’era alcuna necessità di proteggere la sovranità dello Stato. Inoltre, le condizioni dei migranti per quell’azione si aggravarono di giorno in giorno.
Per motivare la richiesta di condanna, il pm Marzia Sabella ha sottolineato che «il pos doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo», e quel «diniego consapevole e volontario ha leso la libertà di ognuna delle 147 persone e non c’era ragione». Quindi un pensiero ai migranti, «i grandi assenti in questo processo: non ci sono state le persone offese, la maggior parte di loro è irreperibile, ma non perché siano clandestini o criminali, magari perché una casa non ce l’hanno. Leggeremo a uno a uno i nomi di queste persone per ricordarle». Parole apprezzate da Oscar Camps, fondatore di Opem Arms: «Siamo emozionati». Di tutt’altro tenore l’avvocato Giulia Bongiorno: «Basta esaminare gli atti, e non fare ipotesi e teoremi, per rendersi conto che durante tutto il processo c’è stata la correttezza dell’operato di Salvini e la massima attenzione alla salute dei migranti».
Il sostituto procuratore Geri Ferrara, assieme alla collega Giorgia Righi, ha affermato che non si tratta di «un processo politico» perché «è pacifico che qui di atto politico non c’è nulla»: sono stati valutati «atti amministrativi come il ritardo o la negazione» del porto assegnato per sbarcare. «L’elemento chiave», per l’accusa, «è stato quando Salvini ha assunto il ruolo di ministro» e «ha spostato le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos dal Dipartimento libertà civili e immigrazione al suo ufficio di gabinetto». È stato lui, insomma, ad assumere tutte le decisioni, era lui che veniva informato in modo «costante e quotidiano». Per i pm «non è accettabile» l’idea di anteporre la protezione dei confini nazionali ai diritti umani. «C’è un principio chiave non discutibile: nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, i diritti umani prevalgono sulla protezione della sovranità dello Stato», ha sottolineato Geri Ferrara. «La persona in mare va salvata ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio o passeggero», perché «per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato, poi se è il caso la giustizia fa il suo corso».
In attesa della replica delle difese prevista per il 18 ottobre, l’avvocato Bongiorno ha accusato il pm di fare politica: «Nel momento in cui dice che il tavolo tecnico, i decreti e le direttive sono tutti inaccettabili, intollerabili e in contrasto con i diritti umani in realtà sta processando la linea politica di quel governo». Entro la fine dell’anno, poi, è prevista la sentenza.
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