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La strage di Altavilla, i due coniugi palermitani volevano realizzare una chiesa evangelica nella villa della famiglia Barreca

Tra i possibili moventi spuntano le mire di Massimo Carandente e Sabrina Fina, che aspiravano ad attrarre fedeli e trarne profitto, ispirandosi al santone di Collesano

Il luogo della strage familiare ad Altavilla Milicia (Palermo), 11 febbraio 2024. Un uomo di 54 anni ha ucciso la moglie e i due figli di 5 e 16 anni. Un'altra figlia di 17 anni è riuscita salvarsi. ANSA/IGOR PETYX

Nella villetta di Altavilla Milicia volevano realizzare una chiesa evangelica in grado di attirare fedeli, magari anche per trarre profitto da questa attività. E per questo motivo si sarebbero ispirati a Gisella Cardia - alias Maria Giuseppa Scarpulla, originaria di Patti e condannata per bancarotta fraudolenta - che attirava centinaia di seguaci in un terreno di Trevignano, dicendo di vedere la Madonna. Ma un altro punto di riferimento per il loro progetto sarebbe stato anche padre Giambattista Scozzaro, che avrebbe avuto un legame strettissimo con la fantomatica veggente: il religioso, dimesso dal proprio ordine di appartenenza dei Frati Francescani dell’Immacolata, aveva fondato Casa Mariana, un luogo di culto fai-da-te a Collesano, che Sabrina Fina e Massimo Carandente avrebbero voluto copiare per adattarlo alle loro esigenze.

Nella coppia dei Fratelli di Dio lui era disoccupato, lei vendeva integratori, prodotti di bellezza e per la cura dell’ambiente, ma senza grande successo: da qui sarebbe scattata l’idea di avvicinarsi alla famiglia di Giovanni Barreca, con cui Sabrina era entrata in contatto su Facebook, facendo leva sul loro fanatismo religioso. Per i coniugi Carandente, accusati di avere ucciso Antonella Salamone e i figli Kevin e Emmanuel di 16 e 5 anni, atroci delitti commessi assieme a Barreca e alla figlia diciassettenne, i santoni erano esempi da seguire perché le loro esperienze gli avrebbero potuto indicare la strada giusta per svoltare raggiungendo così i loro obiettivi in un colpo solo. I «fratelli» erano stati sfrattati dal loro appartamento di via dell’Arancio a Sferracavallo e si sarebbero trasferiti più o meno stabilmente dai Barreca. Ma mettendo su la chiesa evangelica avrebbero potuto risolvere i loro problemi economici, visto che vivevano con il reddito di cittadinanza: dopo che il governo Meloni l’aveva sospeso, avrebbero potuto approfittare della generosità di quanti si fossero avvicinati alla comunità che volevano fare crescere contattando le persone principalmente sui social.

Le riunioni del gruppo - nelle loro intenzioni - avrebbero dovuto svolgersi all’aperto, nel terreno antistante alla casa degli orrori, quando c ‘era bel tempo e al chiuso nel garage, appositamente attrezzato per l’occasione, durante la stagione invernale. Nel frattempo i due nuclei familiari avrebbero coabitato nella villetta di cui la povera Antonella deteneva una quota assieme alla mamma e ai fratelli. Il pretesto sarebbe stato di assecondare Barreca, che vedeva diavoli dappertutto, promettendogli di liberare la sua casa dal maligno. Un rito collettivo che, però, sarebbe entrato subito nel delirio collettivo sfociando in un crescendo di violenza.

La convivenza, però, sarebbe stata osteggiata proprio dalla moglie di Barreca che sarebbe così diventata il nemico numero uno della coppia, l’ostacolo da eliminare per raggiungere i propri scopi. Sarebbe questo, secondo chi indaga, uno dei moventi principali della strage.

Non a caso - così come ha raccontato agli investigatori la figlia minorenne di Barreca e della vittima - la prima a perdere la vita sarebbe stata proprio Antonella, colpita a ripetizione perfino con una padella: «Confermo le torture - era stata sempre la diciassettenne a riferire quegli attimi terribili - ma non so come è morta mia madre, se per infarto o quando sia io che mio fratello le davamo calci. Prima i calci li ho dati io e poi Kevin, in quel momento mia madre non reagiva più. Mentre veniva torturata non poteva né mangiare né bere e quando veniva colpita con la pentola aveva una fascetta trasparente ai polsi».

Quando Emanuel aveva cominciato a piangere sarebbe stata ancora Fina a dire che era posseduto e che bisognava bloccarlo a letto con le catene: al piccolo era stato fatto bere caffè con la siringa e il biberon e alla fine era morto di stenti. Quindi era toccato a Kevin: «Le torture sono cominciate il giorno in cui hanno fatto irruzione i carabinieri. C’era Massimo che diceva di avere mal dì testa e quindi iniziò a dire che anche Kevin aveva i demoni. Non ricordo se Kevin urlava, solo quando era nel corridoio, poi non lo so. Quando lo stavano legando sono andata in cucina ma subito dopo Massimo mi ha bendata. I capelli a Kevin li ha tagliati Sabrina dicendo che lo facevano più ribelle».

Anche la figlia di Barreca avrebbe temuto di fare la stessa fine degli altri componenti della famiglia: «Sono entrata nel panico perché Sabrina iniziò a dirmi le medesime cose che avevano già detto a mia madre. Mi diceva di tenere lo sguardo basso. Pur avendo detto a mio padre che quella situazione non mi piaceva, lui mi rispondeva dicendo che dovevamo pensare a Emanuel che comunque era morto: ricordo che era disperato per quello che era successo e piangeva anche se non mi ascoltava lo stesso».

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