Non hanno nemmeno incrociato gli sguardi. Si sono seduti l’uno vicino all’altro senza rivolgersi la parola. Quando Sabrina Fina è entrata nell’aula del palazzo di giustizia di Termini Imerese per partecipare all’incidente probatorio, Giovanni Barreca è rimasto impassibile, seduto accanto al suo avvocato Giovanni Barracato. Era la prima volta che i due si incontravano dal giorno della strage di Altavilla Milicia, avvenuta lo scorso febbraio.
Mancava, invece, Massimo Carandente, ufficialmente perché è ricoverato nell’ambulatorio del carcere di Pagliarelli, a Palermo, dove è rinchiuso, ma in realtà potrebbe essere anche una strategia per prendere tempo, visto che, all’interno della coppia, sarebbero maturate versioni, e di conseguenza posizioni, differenti. Mentre lei ha sostenuto di essere rimasta nella villetta degli orrori cercando «di impedire queste azioni terribili e di proteggere i due ragazzi», puntando il dito contro Barreca, che avrebbe reagito «con minacce», il marito invece avrebbe raccontato un’altra storia, cioè di non avere saputo nulla dei delitti che sarebbero stati compiuti in quella settimana maledetta e di avere frequentato saltuariamente la famiglia Barreca per aiutarli con le preghiere nel loro percorso di purificazione dal demonio. E sarebbe proprio per questo motivo che le strade processuali della coppia camminerebbero divise.
Carandente, dopo essersi affidato inizialmente agli stessi legali della compagna (prima Vincenzo e Sergio Sparti, poi Marco Rocca e infine Janfer Franco Critelli, rimasto adesso ad assistere Sabrina), ha deciso di continuare da solo, scegliendo per la sua difesa l’avvocato Maria Tavoletta del foro di Santa Maria Capua Vetere. Quest’ultima era presente il 6 agosto, nel corso dell’esame in cui sono stati nominati i periti che dovranno eseguire la valutazione psichiatrica per stabilire se l’ex imbianchino, al momento degli omicidi, fosse capace di intendere e di volere e se adesso sia in grado di partecipare validamente al processo. Il Gip Valeria Gioeli ha incaricato come consulenti tecnici d’ufficio gli psichiatri Renato Tona e Domenico Micale e la psicologa Chiara Caruso mentre la Procura ha designato il professore Stefano Ferracuti, ordinario di Psicologia clinica al dipartimento di Neuroscienze umane dell’Università La Sapienza di Roma, che si è occupato del caso di Barbara Capovani, la dottoressa uccisa a Pisa fuori dal suo reparto. Le visite mediche e i test - a cui sarà sottoposto Barreca nel penitenziario di Barcellona Pozzo di Gotto, dove attualmente è detenuto - partiranno il 22 agosto, poi i professionisti avranno 60 giorni di tempo per redigere la perizia che dovrebbe essere presentata al giudice il 13 novembre.
La linea difensiva dell’ex muratore, sostenuta dalla consulenza di parte preparata dalla criminologa Roberta Bruzzone e dallo psichiatra Alberto Caputo, punterebbe a dimostrare che il suo disturbo mentale gli avrebbe impedito di comprendere il significato del proprio comportamento. Lui stesso, in più occasioni, ha ribadito di essere stato come imbambolato mentre si stava compiendo il massacro e di non avere avuto alcuna cognizione della violenza.
A suffragare questa ipotesi ci sarebbero anche le relazioni dei medici che hanno visitato Barreca - in ognuno degli istituti di pena in cui è stato trasferito per tutelare la sua sicurezza - che confermerebbero come l'imputato, sia nei giorni della carneficina che nei mesi successivi, non sia stato in possesso delle proprie facoltà mentali. E ancora oggi sarebbe in preda al delirio mistico tanto da proporre di compiere esorcismi per liberare i compagni di cella dalla presenza delle spiriti maligni: un atteggiamento che potrebbe incrinare i delicati equilibri tra i reclusi aumentando così il rischio di possibili ritorsioni.
L’11 settembre, davanti al giudice per i minorenni Nicola Aiello, si terrà invece l’udienza preliminare per decidere il rinvio a giudizio della figlia diciassettenne di Barreca: è accusata di omicidio plurimo e occultamento di cadavere, così come i presunti complici, ovvero il padre e la coppia di «fratelli di Dio» Fina-Carandente, che però dovranno rispondere di fronte alla giustizia ordinaria di avere ucciso la mamma della ragazza, Antonella Salamone, e i fratelli Kevin e Emmanuel, di 16 e 5 anni.
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