In traghetto fino a Livorno, poi con l'auto in affitto arrivavano in Veneto per compiere rapine: i colpi della banda di palermitani I NOMI
Partivano in quattro con il traghetto per Livorno, poi affittavano un’auto e si dirigevano al Nord, principalmente in Veneto, per compiere le rapine che venivano loro commissionate da tre menti criminali che in precedenza avevano già pianificato tutte le operazioni. Ieri, 25 luglio, i carabinieri della compagnia di Misilmeri hanno arrestato tutti i componenti palermitani della banda in trasferta, che aveva commesso un’irruzione violenta e spaventosa in una villetta, abitata da una coppia di anziani, il 29 maggio dell’anno scorso a Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona. Al carcere dei Pagliarelli sono finiti Vincenzo Visconti di 21 anni, che abita al Borgo Vecchio, e tre residenti a Villabate, Giovan Battista Di Caccamo di 54 anni, Ettore Ceraulo di 41 e Giuseppe Tagliavia di 60 anni. Contemporaneamente i carabinieri di Brescia hanno portato in carcere Guido Badini, di 72 anni, originario di Novara, considerato «l’ideatore e l’organizzatore» come è spiegato nell’ordinanza emessa dal Gip del tribunale di Verona, Marzio Bruno Guidorizzi. Del gruppo facevano parte anche il palermitano Sebastiano Galifi, 65 anni, e Massimo Cipriani, 56 anni, nato a Chizzola d’Ala in provincia di Trento: i due, che svolgevano il ruolo di basisti, vivevano a Rovereto ed erano stati bloccati dai militari di Peschiera del Garda lo scorso 8 aprile. E proprio la «collaborazione» di questi ultimi aveva permesso di fare luce sull’assalto nella casa della coppia. «Beppe avrà sui 45 anni ed è molto robusto, peserà circa un quintale se non di più, con i capelli grigi, Giovanni invece, pur avendo più o meno la stessa età, è molto basso e magro», aveva svelato Badini nel corso dell’interrogatorio descrivendo Tagliavia e Di Caccamo che aveva ospitato nel suo appartamento pochi giorni prima del colpo a Castelnuovo del Garda. Ma nell’appartamento del settantaduenne sono state sequestrate anche diverse pistole, fucili (due modificati per renderli a canne mozze), munizioni e silenziatori artigianali, materiale che sarebbe stato raccolto durante le scorribande nelle province di Verona, Brescia e Bolzano. Decisive nelle indagini sono state le immagini, estrapolate dal sistema di videosorveglianza della zona della villetta, e le intercettazioni disposte dalla Procura veronese sui cellulari degli indagati. Secondo la ricostruzione, i due rapinatori si erano finti finanzieri, indossando una pettorina con la scritta guardia di finanza e la placca al collo. Le vittime erano state tratte in inganno dagli abiti e dal distintivo indossati dai due uomini, i quali hanno chiesto di entrare in casa per un controllo. Una volta dentro sono stati raggiunti rapidamente da altri due complici che, con forza, hanno spinto gli anziani coniugi all'interno dell'abitazione per poi legarli al divano con le fascette da elettricista sotto la minaccia di una pistola semiautomatica ed un taser. I quattro, tre dei quali con il volto coperto da un passamontagna, si erano impossessati di 500 euro in contanti, di una carabina e di una collanina d’oro, dal valore di mille euro, strappata dal collo dal marito. E prima di scappare via, avevano imbavagliato e chiuso all’interno del bagno dello scantinato, i padroni di casa che alla fine erano riusciti a slegarsi e a chiamare il 112.