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I 341 furbetti del reddito di Monreale, chi sono i due arrestati del Caf di via Nicolosi

La Procura voleva mettere i due in carcere, il Gip aveva detto di no, poi il tribunale del riesame ha deciso per i domiciliari

Il Caf Fenapi di via Nicolosi, a Monreale

Sono finiti agli arresti domiciliari con l’accusa di truffa al termine di un lungo tira e molla giudiziario sulla misura cautelare da applicare. Antonino Giannetto, di 50 anni, titolare del Caf Fenapi fiscalità e previdenza di via Nicolosi 2, a Monreale (nella foto), e la sua collaboratrice, Laura Tusa, di 49, sono i principali protagonisti dell’inchiesta condotta dai carabinieri e dai magistrati della Procura su un raggiro relativo alla concessione del reddito di cittadinanza per una vasta platea di persone. A parte l’uomo e la donna finiti ai domiciliari su pronunciato del tribunale del riesame al termine dell’esame in Cassazione dei ricorsi sulla detenzione in carcere, ci sono 341 indagati che avrebbe percepito il sussidio pur non avendone diritto, con una danno per le casse dello Stato stimato in due milioni e 400 mila euro. Per loro sono scattate denunce a piede libero. Contestualmente, è stato disposto il sequestro del centro assistenza fiscale di via Nicolosi.

Le indagini, condotte dai carabinieri della compagnia di Monreale in collaborazione con il Nucleo ispettorato del lavoro, si sono avvalse delle intercettazioni. Nel periodo compreso tra il 2021 e il 2022, secondo l’accusa, i due destinatari del provvedimento avrebbero prodotto una serie di attestazioni e documenti falsi, successivamente allegati alle pratiche per l’ottenimento del reddito di cittadinanza. Coloro che si rivolgevano ai due responsabili del Caf pagavano circa 200 euro per ottenere l’esito positivo della pratica. Sia in contanti sia con carte di credito. I due arrestati, per recuperare il denaro dai debitori, avrebbero fatto ricorso a minacce nei loro confronti, prospettando la sospensione delle erogazioni pubbliche, qualora non avessero saldato quanto pattuito. L’esame delle documentazioni, oltre alle intercettazioni, hanno portato alla scoperta di un’ampia platea di beneficiari del reddito di cittadinanza. Gente che non aveva i titoli per poterne beneficiare ma che grazie alla manovre truffaldine orchestrate dal Caf sarebbe riuscita a ottenere diverse migliaia di euro.

Nei confronti di Giannetto e Tusa, difesi dall’avvocato Pietro Capizzi, la richiesta dell’ordine di custodia cautelare in carcere era stata avanzata lo scorso gennaio. Ma il gip aveva respinto la richiesta anche perché nel frattempo la misura del Reddito di cittadinanza è stata revocata dal governo. Tra ricorsi e vari passaggi giudiziari, nei giorni scorsi, dopo la pronuncia della Cassazione, il tribunale del riesame ha disposto gli arresti domiciliari per Antonino Giannetto e Laura Tusa. Secondo l’accusa, «la condotta illecita di Giannetto si è caratterizzata principalmente nella produzione di false attestazioni di residenza e convivenza, di falsi contratti di residenza». Gli inquirenti, tra l’altro, citano il caso di una coppia di conviventi che erano riusciti a ottenere entrambi il beneficio dichiarando di abitare in due distinti nuclei familiari. A dare una mano per la buona riuscita dell’operazione ci sarebbe stato un gruppo di faccendieri e procacciatori con il compito di individuare i potenziali percettori del beneficio e di metterli in contatto con il Caf.

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