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Il malessere del centro storico a Palermo, la voce dei commercianti: «Poca sicurezza e servizi scadenti»

Nelle zone su cui Addiopizzo ha puntato la nuova campagna molti parlano di investimenti poco chiari

movida palermo

«Vuoi una risposta alle domande di Addiopizzo? Fatti un giro e guarda bene». L’invito del commerciante che opera fra via Roma e via Maqueda è di passeggiare e osservare le attività allineate nei luoghi della movida e dei flussi turistici continui. «Ce ne sono alcuni che sono semivuoti - spiega - e non si capisce come siano nelle condizioni di tirare avanti, di sopravvivere, di pagare personale, costi fissi, apparecchiature, dipendenti. Evidentemente per loro il fatturato in perdita non è un problema».

Domenica, caldo, folla di turisti. Dal Cassaro in giù è uno sciamare di cappellini e sandali. Ai Quattro Canti c’è più folla di tassisti, motocarrozzette e carrozze degli gnuri che villeggianti. L’effluvio pungente di ammoniaca è dappertutto e piazza Vigliena sembra un vespasiano a cielo aperto. Per cavalli. Quando si dice il salotto di una città. Ma non c’è riuscito mai nessuno a regolare questo francobollo di territorio, crocevia obbligato di qualsiasi percorso turistico.

«La situazione è andata peggiorando - racconta Giovanna Analdi, presidente dell’associazione Cassaro Alto e titolare di un esercizio di fronte la cattedrale -. Ogni giorno facciamo i conti con sbandati, tossicodipendenti. In poco tempo da me hanno rubato il bicchiere con le mance dei ragazzi, il telefono di un impiegato e la borsa a una cliente. Non se ne può più. Lamentiamo un deficit di controlli? Sì, ma anche le forze dell’ordine cosa possono fare se dopo poche ore le persone che arrestano stanno già fuori?». Anche lei giudica l’allarme di Addiopizzo una indicazione da tenere in seria considerazione.

E che ci sia chi tende a comandare nelle zone della movida appare abbastanza chiaro. Un commerciante che vuole rimanere anonimo ha dovuto affrontare un brutto ceffo che sostanzialmente impone la presenza di carrettini abusivi (manco a dirlo) con cui si vendono bevande, acqua, cocktail. «Vendono spremute a un euro - spiega - e non è sostenibile. Al momento una cassa di arance si paga 26 euro, come fanno a darne un bicchiere per un euro? Da dove arriva quella merce? Mi sono permesso di chiedere che si mettesse nelle strade laterali che è arrivato da me un tipo che si è presentato come il proprietario di una serie di carrettini, che - lui dice - affida a persone appena uscite dal carcere perché devono campare».

Un servizio completo di Giancarlo Macaluso sull'edizione di Palermo del Giornale di Sicilia in edicola oggi

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