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L'ombra del malaffare sulla movida di Palermo: giovani crociati e vecchi struzzi

Gli attacchini di Addiopizzo sono tornati in azione tappezzando con i loro adesivi, affilati come lame, i due assi principali dei quattro antichi mandamenti palermitani

Chi comanda davvero in via Maqueda? Chi ha il controllo reale di corso Vittorio Emanuele? Chi muove concretamente i fili degli equilibri (o disequilibri) della gestione delle attività ad alto tasso di movida nel cuore del centro storico palermitano e delle zone limitrofe? Insomma: in mano a chi è oggi lo sconclusionato, caotico e disordinato suq di Palermo? Quello su cui la politica si è trastullata ieri con la chiusura alle auto e continua a trastullarsi oggi con le frotte di turisti a spasso e di avventori spesso borderline. Abdicando, ieri come oggi, alla pianificazione di un controllo delle licenze e di una gestione degli spazi che adesso sembrano proprio sul punto di sfuggire del tutto di mano, per finire in chissà quali altre mani. Chissà quanto pulite.

Venti anni dopo il loro debutto, che ha cambiato la storia sociale e criminale di questa città, gli attacchini di Addiopizzo sono tornati in azione. Tappezzando con i loro adesivi, affilati come lame, i due assi principali dei quattro antichi mandamenti palermitani, ma anche la via La Lumia dei pub a tutto spiano o la via Amari del sogno Rambla abortito. Cosa vogliono dire esattamente? Chi deve rispondere (e soprattutto come deve rispondere) a quegli interrogativi stampigliati su muri, portoni e saracinesche che puzzano di fritto spesso stantio e alcol a basso costo? Perché non può certo essere un interrogativo reiterato e buttato lì senza senso. Non lo è affatto. Un senso ce l’ha eccome. Ed è bene che chi è deputato a rispondere si chiarisca presto le idee. La politica in primis. Ma anche, o a questo punto soprattutto, l’autorità giudiziaria.

Bisogna costringere i vecchi e indolenti struzzi a tirar fuori la testa dalla sabbia. Il nuovo fronte della lotta all’imposizione e sopraffazione del racket può aver assunto sembianze apparentemente distoniche rispetto ai tradizionali meccanismi. E in questa possibile evoluzione del sistema a tinte fosche non si tratterebbe più di commercianti «invitati» a pagare. Ma di commercianti «invitati» a togliere il disturbo, magari sventolandogli sotto il naso una mazzetta di contanti per fare armi e bagagli e lasciare spazio a qualcun altro. Già, ma a chi? E perché? In attesa che qualcuno che ne ha l’autorità per farlo possa rispondere alla prima domanda, possiamo provare a capire la logica della seconda: quella degli affari. Tutti e subito, facili e remunerativi. La concentrazione nelle mani di pochi proprietari, o gruppi di proprietari, delle attività economiche e imprenditoriali in una zona in cui si guadagna bene, si controlla poco e si rispetta meno, sembra sia una ferita da cui comincia a straripare il pus dell’infezione. Va suturata finché si è in tempo o sfocia in cancrena.

Si parla tanto di sicurezza e ordine pubblico, malamovida e notti insonni, baby gang e teppisti, scippi e spaccate, rissaioli e stupratori, bulletti e assassini. Tutto ciò attiene certo a livelli di attenzione che devono sviluppare adeguate azioni di repressione. Ma la prevenzione non è una variante secondaria. E non passa solo dal mero controllo del territorio, poggiando piuttosto molto sulla gestione e pianificazione dello stesso. In via Maqueda e in corso Vittorio Emanuele da anni ogni vecchia bottega che chiude lascia il posto immediatamente a un fast food o robaccia similare. C’è ancora chi crede che quello che si vede in quei due assi è uno spettacolo degno di una moderna capitale europea? C’è ancora chi rigira il mestolo nel pentolone rancido dell’aver sottratto alle auto il cuore di Palermo (inondandone gravemente tutti gli altri organi limitrofi)? C’è ancora chi si sbrodola con la autoreferenziata menata del melting pot e non guarda oltre il politically correct dell’integrazione? Nessuno di loro si accorge di cosa sta succedendo realmente in via Maqueda o in corso Vittorio Emanuele (e vicoli e vicoletti assortiti)?

Abbiamo raccontato di risse, rapine, stupri, perfino omicidi. Oggi i giovani crociati di Addiopizzo lanciano un interrogativo, serio, serissimo, che pretende risposta: chi ha davvero interesse che nel centro storico fuori regola le cose vadano esattamente così? Chi ne muove e gestisce l’economia? Quale economia? Ci accodiamo anche noi ai formidabili attacchini figliocci del sacrifico di Libero Grassi, nell’attendere una risposta efficace, perentoria ed immediata a quegli adesivi sparsi a migliaia nella notte del loro ventennale e che già ieri mattina qualcuno - certo infastidito - aveva provato in qualche modo a rimuovere qua e là. In attesa che una risposta arrivi, rinnoviamo sommessamente un invito al sindaco Roberto Lagalla, già lanciato da queste pagine sei mesi fa, all’indomani dell’omicidio fuori da una discoteca: eviti di continuare a ripetere che «comunque» Palermo non è il Bronx. Perché la Palermo di oggi «purtroppo» non è il Bronx di oggi.

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