Il professore Paolo Procaccianti, classe 1945, è fra i medici legali più noti in Italia. Ha eseguito migliaia di autopsie e dedicato studi, fra gli altri, alla tecnica dell’incaprettamento, terribile pratica mafiosa. Ha lasciato il Policlinico universitario da alcuni anni dopo una lunga stagione da primario. Adesso è consulente di diverse procure chiamato ad esprimere pareri su casi spinosi. Alcuni rimasti nella storia giudiziaria italiana: misteri come quello del banchiere Roberto Calvi, trovato impiccato a una impalcatura sul greto del Tamigi a Londra, era il 1982. Si è occupato anche della complicata e drammatica vicenda di Mario Biondo, il cameraman palermitano di 30 anni trovato morto nel 2013 a Madrid. La giustizia spagnola lo classificò come suicidio, in città le indagini reclamate dalla famiglia e gli esami disposti dalla procura non hanno ribaltato quella ricostruzione. Una vicenda dolorosa, non senza strascichi legali. Il mistero della morte di Angelo Onorato, trovato morto il 25 maggio scorso, ripropone il tema della fondatezza dei dati scientifici rilevati in un esame autoptico. Non solo, casi come questi indurrebbero ad affidarsi alla letteratura medico legale e alla sua diffusione internazionale. Un anatomopatologo non smette mai di studiare e nuovi dati foraggiano i campi di indagine. Fermo restando che un corpo dice e restituisce sempre più verità anche grazie a tecnologie più avanzate.
Professore Procaccianti, le è capitato nella sua lunghissima esperienza di anatomopatologo di incontrare casi come quello di Angelo Onorato, la morte procurata da una fascetta da elettricista?
«Sì, mi è capitato diversi anni fa a Trapani dove ebbi il caso di un ragazzo trovato morto dentro una macchina. Aveva una stringa al collo e una che cingeva i polsi per evitare che potesse avere ripensamenti».
Esistono casi analoghi analizzati accademicamente o da riviste mediche specializzate?
«Sì, esistono in letteratura diversi casi. Anche ultimamente in una pubblicazione del 2023 ho letto un case report dove ne vengono descritti due, autostrangolamento con cinghiette. Sono veri e propri suicidi nei quali è stata scartata l’ipotesi omicidiaria. Gli autori sottolineano questo: ci sono casi di suicidio con le stringhe. E comunque bisogna sempre guardare, osservare, il contesto in cui queste situazioni si verificano per escludere eventuali altre ipotesi».
Le è capitato di incontrare invece casi in cui siano stati commessi omicidi con l’uso di queste stringhe da elettricista?
«No, devo dire di no. Ma il problema omicidio o suicidio non è la stringa. Con quella ci si può suicidare oppure si può compiere un omicidio. Il problema è cosa c’è attorno ad una stringa. Cioè, se ci sono delle lesioni che costituiscono tentativi da parte del soggetto di toglierla, allora certamente bisogna pensare a qualche altra cosa. Senza escludere che anche il soggetto che tenta il suicidio possa avere, in un momento di pentimento ovvero di capacità di intendere e di volere, l’istinto di toglierla pur sapendo che non è possibile».
Che tipo di scenario si aspetterebbe in un contesto diverso da un suicidio?
«Innanzitutto non un cingolo netto. Bisogna valutare il cingolo determinato da questa stringa: se è uno, se ci sono più cingoli, se ci sono lesioni satellite attorno o in altre parti del corpo, abrasioni, contusioni, unghiature sul collo. Perché quando si tenta di uccidere con questo sistema, la vittima reagisce per evitare la morte. Fa di tutto per difendersi con le mani, con i piedi, anche con altri movimenti del corpo. E quindi si creano altre lesioni dirette o indirette, espressione di un tentativo di difendersi da un aggressore».
Bisogna essere degli addetti ai lavori per utilizzare una fascetta da elettricista?
«No, tutti sappiano che esistono queste stringhe che ci consentono di compattare fili, cavi elettrici o altri oggetti con una stretta del tutto efficace».
Si è fatto un’idea di quello che è successo nel caso dell’architetto Onorato?
«Da quello che ho appreso dai giornali, io non ho visto il cadavere, so che questo signore è stato trovato sulla macchina con una stringa attorno al collo. So che è stata eseguita una tac e leggo che non sono state trovate particolari lesioni. Il caso potrebbe essere inquadrato come suicidio, non come omicidio».
Come parlerebbe ad una famiglia dovendo spiegare nella sua professionalità, un caso di questo genere?
«Io capisco che i familiari difficilmente accettano che un proprio caro possa togliersi la vita, però purtroppo questo può succedere. Io sono un tecnico, guardo e spiego dati oggettivi e su quelli posso esprimere giudizi. I profili personali sono un’altra cosa di cui non posso sapere».
Esiste un’autopsia psichica?
«Sì, esiste l’autopsia psicologica. È lo studio del soggetto che è morto con la valutazione degli aspetti che lo riguardavano prima che venisse a mancare, i rapporti sociali, familiari economici».