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Pilotarono il fallimento della loro azienda, nei guai due imprenditori di Bagheria

Sono accusati di bancarotta fraudolenta. I finanzieri hanno sequestrato diversi rapporti finanziari, un immobile e oggetti preziosi per un valore di oltre 50 mila euro. Trovati anche reperti archeologici rubati da un museo

I finanzieri del comando provinciale Palermo hanno eseguito un provvedimento del gip di Termini Imerese con cui sono stati denunciati per bancarotta fraudolenta due imprenditori bagheresi ed è stato disposto, nei confronti di uno di questi, il sequestro preventivo della somma complessiva di 360 mila euro nonché l’applicazione della misura interdittiva all’esercizio dell’attività imprenditoriale.

Secondo le indagini i due imprenditori avrebbero pilotato il fallimento dell'azienda Sapia che opera nel commercio di capi di vestiario e calzature. Le attività distrattive avrebbero generato un passivo di quasi due milioni di euro rimasto insoluto anche a causa dell’assenza di un patrimonio aggredibile da parte dei creditori.

L’amministratore della società fallita, insieme al figlio, in base a quanto accertato dalle fiamme gialle, attraverso una costante vendita sottocosto delle merci e il trasferimento di importanti valori aziendali (tra cui anche l’avviamento e il marchio), avrebbero distratto gran parte dei valori aziendali della fallita verso un’altra società, dello stesso settore e avrebbero nascosto le reali perdite.

Sono stati sequestrati diversi rapporti finanziari, un immobile e oggetti preziosi per un valore di oltre 50 mila euro. Sono state trovate tre coppe di terracotta che, sottoposte a perizia da parte della soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Palermo, sono risultate essere dei manufatti di origine attica risalenti al V-VI secolo a.C. I reperti, trovati nel 1987 nel sito archeologico del Monte Maranfusa nel comune di Roccamena e custoditi per anni presso la collezione del Museo Civico sarebbero stati sottratti in data e luogo imprecisati per poi finire nel salotto dell’indagato, il quale non sarebbe stato in grado di dimostrarne ai militari il legittimo possesso. Il responsabile è stato quindi denunciato anche per il reato di ricettazione di beni culturali.

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