Non sempre fidarsi è la scelta giusta. Soprattutto se a uno sconosciuto vengono affidati tutti i risparmi e la gestione del proprio conto. Così come ha fatto nel lontano 2000 una insegnante palermitana che ha aperto un conto corrente con un promotore finanziario di una nota banca che allora non aveva una diffusione di filiali sul territorio – affidando a lui la completa gestione del conto, dove venivano anche accreditati gli stipendi. Una operazione decennale di sottrazione di somme di denaro avvenuta dal 2006 al 2016. Grazie allo studio Palmigiano e Associati, al quale la donna si è rivolta, adesso i risparmi sono salvi e verranno restituiti alla cliente. La banca adesso è ricorsa in appello.
Ma ecco come è nata la vicenda. La signora era fiduciosa perché il promotore finanziario che le aveva proposto l'operazione, godeva di ottima reputazione professionale. In considerazione del fatto che la banca, a differenza degli altri istituti di credito, non aveva una diffusione capillare nel territorio attraverso agenzie e sportelli, la fiducia ed il rapporto con questa figura erano fondamentali. L'insegnante si fidava ciecamente di quella persona tanto distinta e gentile che, al momento dell’apertura del conto, dopo la firma del contratto, aveva comunicato alla donna che la tipologia del conto non consentiva l’accesso telematico. L’istituto di credito, peraltro, non aveva consegnato, nemmeno per posta o con altri mezzi, il codice segreto o l’apparecchiatura per accedere al conto ed eseguire operazioni on line, fornendo unicamente il bancomat ed il pin.
Il rapporto con la banca, attraverso il promotore, è quindi andato avanti negli anni senza sospetti e senza che l’insegnante si accorgesse di nulla. Solo dopo 10 anni la donna si è resa conto che qualcosa non quadrava, dopo avere ricevuto una telefonata dalla direzione generale della banca e informata che erano state registrate delle anomalie nella gestione del suo conto. Allarmata dall’accaduto, aveva contattato il promotore finanziario che l’aveva però rassicurata del fatto che non ci fossero anomalie: tutto era in regola e non doveva preoccuparsi.
Non convinta però, la cliente a quel punto ha chiesto all’istituto di credito tutta la documentazione relativa alle operazioni bancarie compiute a suo nome a più riprese. La prima macroscopica anomalia riscontrata era che venivano allegati gli estratti conto di un rapporto, inclusa una richiesta di apertura, per il quale risultava cointestataria insieme a due soggetti sconosciuti. A questo punto aveva deciso di incaricare un consulente contabile per ricostruire tutte le movimentazioni e accertare quali altre operazioni fossero state compiute a sua insaputa. Da lì la conferma che sul proprio conto corrente erano state effettuate, tra le altre, una serie di operazioni a lei del tutto estranee e mai autorizzate, con una sottrazione di oltre 160 mila euro.
Disperata per la vicenda, l’insegnante si è così rivolta allo studio legale Palmigiano e Associati, che da decenni si occupa di tutela di imprese e consumatori nei confronti delle banche e, con l’assistenza degli avvocati Alessandro Palmigiano e Mattia Vitale, è iniziata una causa davanti al tribunale di Palermo nei confronti della banca.
La tesi di Palmigiano e Vitale era che la vicenda era frutto di una responsabilità diretta e contrattuale della banca, che aveva manifestamente violato l’obbligo di consegnare direttamente al cliente i codici segreti di accesso al conto ed ogni apparecchiatura necessaria per compiere operazioni dispositive on line. Nulla di tutto ciò era stato dato in dotazione alla signora, consentendo, con tale comportamento omissivo, che venissero sottratti illecitamente i soldi.
Nel corso della causa il promotore è stato prima sospeso dall'esercizio dell'attività di consulente finanziario con delibera Consob n. 20085 del 26 luglio 2017 e, successivamente, radiato dall'albo unico dei consulenti finanziari (delibera n. 20434 del 15 maggio 2018) per aver assunto condotte disdicevoli, assai gravi, quali l'appropriazione, anche mediante il trasferimento a terze persone, di somme dei clienti, la contraffazione delle firme e l'utilizzo dei codici di accesso dei correntisti.
Il giudice della V sezione civile del tribunale di Palermo, dott. Francesco Paolo Torrasi, ha accolto integralmente le ragione dell’insegnante, condannando la banca al rimborso della somma di 161.840,86 euro oltre interessi e spese: «Sul piano qualificatorio, l’azione della signora è tesa all’affermazione di responsabilità dell’intermediario per i danni cagionati dalla condotta illecita del suo promotore finanziario nello svolgimento delle incombenze a lui affidate, responsabilità notoriamente inquadrabile nell’alveo della responsabilità oggettiva ex art. 2049 c.c., norma, a sua volta, rispetto alla quale l’art. 31, comma terzo, T.U.F. si pone in rapporto di species a genus, quale ipotesi di responsabilità indiretta per il danno provocato dal proprio incaricato, in quanto agevolato o reso possibile dai compiti demandatigli, su cui era possibile l’esercizio di poteri di direttiva e di vigilanza da parte della proponente».
Il giudice ha accertato quanto sostenuto da Palmigiano e Vitale: risultava aperto un conto corrente ad insaputa dell'insegnante, sul quale venivano versate somme di denaro dal conto originariamente aperto, senza autorizzazione, assegni falsi, addebiti Rid a favore di società sconosciute, operazioni di disinvestimento e riscatto di polizze.
«Sono lieto che la signora abbia ottenuto giustizia – ha detto l’avvocato Palmigiano – perché la banca ha un obbligo di vigilanza sui propri incaricati ed è chiamata a rispondere del loro comportamento. È necessario prestare molta attenzione quando si investe, purtroppo spesso chi propone investimenti non ha sempre a cuore l'interesse del risparmiatore ma, aldilà dei casi di reato, spesso segue logiche commerciali poco trasparenti».
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