Strage di Capaci, la sorella di Falcone: «Ricordare è giusto, ma no alle passerelle o alle divisioni»
Ognuno deve fare la sua parte, come sa e può fare, senza contestazioni o avversità. Tutti insieme, senza che uno sia contro l’altro», è l’appello di Maria Falcone, presidente della Fondazione intitolata al fratello Giovanni, ucciso assieme alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani nella strage di Capaci. La sorella del magistrato, da tanti anni impegnata nel portare la testimonianza sul valore e sulle idee del giudice nelle scuole e nella società, ha voluto richiamare tutti a un unico obiettivo per evitare che la miriade di appuntamenti che si sommano ad ogni anniversario possano in qualche modo attenuare la memoria, sia pure dolorosa, e la forza del messaggio della lotta alla mafia. La prima domanda allora è quasi inevitabile: ci sono troppi eventi, per giunta spezzettati, che rischiano di annacquare il significato della celebrazione? E c’è anche chi punta il dito contro un eccesso di passerelle... «Dico sempre che per me va bene tutto, la cosa importante è che non ci siano contestazioni fra le parti. Io sono più importante di te, io faccio di più, tu fai questo... così non mi piace. Insomma la partecipazione corale va benissimo, facciamola tutti. Noi per primi con il museo che inaugureremo stamattina a Palazzo Jung. Non sarà il museo della Fondazione Falcone, apparterrà alla città. Passerelle non ne abbiamo mai fatte, è un termine che detesto. La Fondazione lavora tutto l’anno: alle nostre iniziative, a Palazzo Jung come prima all’aula bunker, inviteremo i rappresentanti delle istituzioni di tutti i colori politici. Ed è giusto che vengano per prendersi le proprie responsabilità e rendersi conto di cosa significa veramente combattere la mafia». Perché è così importante che, accanto al ricordo, ci sia anche un progetto culturale come il museo del Presente? «Gli uomini passano, un giorno tutti noi che abbiamo vissuto quei momenti non ci saremo più. Il mio sogno era che la memoria non andasse perduta. La nascita di questo museo darà la possibilità ai ragazzi di accedere a quei fatti, sicuramente non con lo stesso dolore che abbiamo provato noi ma sicuramente si emozioneranno nel vedere i filmati di allora. Nella stessa sede ci sarà anche un american corner, una sorta di istituto di cultura che, all’insegna della grande amicizia di Giovanni con i magistrati statunitensi, consentirà di conoscere le possibilità di studi negli Usa e di seguire corsi d’inglese offrendo ai giovani nuove opportunità». Sono passati 32 anni da quel giorno che sconvolse il mondo ma è cambiato qualcosa? «Nel corso degli anni Palermo è cresciuta tantissimo. La grande risposta della società civile che venne fuori nel ‘92 creando la spaccatura tra un periodo e un altro nella storia del nostro Paese, oggi forse sarebbe persino maggiore. Ma deve aumentare la consapevolezza a livello politico nel senso che dobbiamo scegliere con più accuratezza chi ci rappresenta e dare alla nostra partecipazione come cittadini una voce forte e autorevole». Cosa Nostra ha cambiato pelle, non compie più crimini eclatanti preferendo muoversi in modo sotterraneo, quasi invisibile. Esiste quindi il pericolo che cali l’entusiasmo e che le generazioni più giovani possano essere distratte da altro? «La scuola ha cercato di trasmettere certi valori, però chiaramente i tempi cambiano e proprio per questo l’impegno della società civile deve essere superiore. I ragazzi devono capire che la mafia attuale ha capito la lezione del ‘92: quella Cosa Nostra si era indebolita per la pressione costante dello Stato, perché ci siamo ribellati e per la morte dei boss dell’epoca stragista. Ma oggi c’è una nuova organizzazione, fatta anche di discendenti di quella vecchia, più propensi ad occuparsi affari piuttosto che ad avere la voglia di contendere il potere allo Stato. Si accontentano di fare grandi operazioni finanziarie e dunque vogliono il silenzio attorno a loro perché le stragi e gli omicidi farebbero puntare gli occhi su di loro in maniera nociva. Ho visto pochi giorni fa in televisione che il trasporto della droga avviene attraverso sommergibili telecomandati, una mafia moderna che cerca di insinuarsi nei flussi dell’economia. E quindi bisogna fare ancora più attenzione intervenendo subito, altrimenti potrebbe essere troppo tardi». Secondo lei il governo sta facendo abbastanza e questi argomenti sono sempre una priorità? «Purtroppo ci sono state tante variabili, ancora non mi sono resa ben conto di quali sono le manovre, però una cosa è sicura: le manifestazioni non devono essere intrise di retorica e la società civile deve partecipare chiedendo l’attenzione dello Stato. È importante che non si tocchi l’indipendenza della magistratura: ci possono essere difetti, sbagli fatti da tutte le parti ma ci sono alcuni punti fissi della Costituzione, come appunto questo, che non devono essere toccati».