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Miccichè si difende dalle accuse sull'auto blu: «Posso aver accompagnato mia moglie qualche volta...»

«In un Paese in cui accade di tutto, che adesso il problema sia la mia vettura di servizio mi amareggia», dice l'ex presidente della Ars, che vuole essere sentito al più presto dai magistrati

Gianfranco Miccichè

«In un Paese in cui accade di tutto, che adesso il problema sia la mia auto blu mi amareggia»: Gianfranco Miccichè risponde al telefono al primo squillo. E affronta il tema dell’indagine a suo carico senza neanche attendere la domanda del cronista.

L’ex presidente dell’Ars dà una lettura esplicita dell’inchiesta della procura di Palermo: «È evidente che c’è una aggressione nei miei confronti. Non voglio fare polemiche con i magistrati, non voglio problemi. Anzi, vorrei che mi ascoltassero subito per risolvere questa questione. Però...»

Poche ore prima Micciché aveva diffuso tramite i suoi collaboratori una telegrafica dichiarazione ufficiale: «Io e il mio staff abbiamo sempre lavorato ed agito con la massima trasparenza e rigore. Sono pronto a chiarire tutto davanti gli organi competenti».

Poi però con i giornalisti che lo hanno cercato è andato oltre: «Mai portato il gatto dal veterinario con l'auto blu, questo è certo. Se ci sono stati altri episodi saranno chiariti. Ho la sensazione che questa vicenda sia la prosecuzione del massacro mediatico che ho subito qualche mese fa» ha detto all’Ansa facendo riferimento all’inchiesta che aveva portato lo chef Mario Di Ferro ai domiciliari per aver procurato cocaina ai suo clienti. E secondo l’accusa allo stesso Micciché.

Lui, il presidente dell’Ars, ha ripetuto per tutto il giorno «di aver usato l’auto blu in modo rigoroso. Lo dicevo di continuo ai miei collaboratori che non potevamo sbagliare. Posso aver accompagnato mia moglie qualche volta... E se questi sono reati, se qualche errore c’è stato, è successo solo fino a quando ho frequentato Di Ferro. Questo non succede più da un anno e da allora non ci sono stati più problemi. E comunque perché le contestazioni non sono state fatte allora?».

Micciché non si sottrae neppure dal commentare anche le altre contestazioni filtrate ieri: «Se il mio autista faceva cose fuori missioni, a me dispiace ma in ogni caso è un problema suo. Se andava in altri posti non è un problema mio». E ancora: «Mi contestano di aver chiesto soldi a una mia collaboratrice. Ma io ho sempre lo stesso conto corrente, e c’è sempre liquidità. È facile controllarlo».

L’ex presidente dell’Ars, in rotta di collisione con Schifani e gli attuali vertici di Forza Italia, era da poco tornato sulla scena politica proprio annunciando un nuovo impegno in campagna elettorale. Si è schierato a sostegno di Marco Falcone nel derby interno a Forza Italia che l’assessore all’Economia ha intrapreso con l’altro assessore regionale, Edy Tamajo.

Ora Micciché è di nuovo nella bufera: «L'auto blu raggiungeva Cefalù solo per venirmi a prendere a casa e portarmi in Assemblea. E tra l’altro non capisco il dievieto di dimora a Cefalù. Lì c’è la casa dove vivo e dove sono residente. Per fortuna sto ancora con mia moglie e ho dove andare. Altrimenti che facevo? Andavo in albergo?».
Ieri a sostegno di Micciché non sono arrivate dichiarazioni dai leader di partito del centrodestra. Mentre dall’opposizione è stato Ismaele La Vardera a mettere aceto sulle ferite: «Avevo mandato una nota al presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, dove chiedevo di eliminare questo privilegio per gli ex presidenti. Lui ha ben deciso di non rispondermi. Un bel privilegio di cui lo stesso Micciché, oggi indagato, ha deciso di abusare per fare gli affari suoi. Non è accettabile che Galvagno non abbia un sussulto di dignità e metta fine a questo scempio».

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