Una nuova verità raccontata da Giovanni Barreca al suo avvocato, Giancarlo Barracato, e alla consulente della difesa, la criminologa Roberta Bruzzone: nel carcere di Enna, dove ieri ha ricevuto il legale e l’esperta, l’imbianchino in carcere per la strage di Altavilla Milicia (Palermo) ha detto che dopo gli omicidi della moglie e di due dei tre figli, doveva essere sacrificata anche la figlia maggiore, di 17 anni. La ragazza sarebbe stata salvata da una bufera di vento che si abbatté, nella notte tra il 10 e l’11 febbraio, sul paese dell’hinterland del capoluogo siciliano: ritenendo che fosse un «segno del demonio», sia Barreca che la coppia di predicatori - oggi anche loro in carcere - Massimo Carandente e Sabrina Fina, avrebbero deciso di abbandonare la villa. La ragazza sarebbe stata lasciata da sola, chiusa e bendata nella sua camera, nella villetta degli orrori. Il muratore, lasciati i due alla stazione ferroviaria del paese, rimase in automobile e poi chiamò fratello e sorella: alla fine si rivolse ai carabinieri per consegnarsi. La versione di Barreca è al vaglio degli inquirenti della Procura di Termini Imerese (Palermo) e dei militari della Compagnia della cittadina palermitana, che oggi hanno accompagnato l’avvocato Barracato e la Bruzzone sul luogo del delitto, dove i due hanno effettuato alcuni rilievi. La figlia diciassettenne del principale indagato è anche lei in carcere, in una struttura minorile femminile, perché avrebbe partecipato alla strage, culminata negli omicidi della madre, Antonella Salamone, il cui cadavere venne poi bruciato, del fratellino di 5 anni, Emanuel, e di Kevin, l’altro fratello di 16 anni, assassinato perché aveva cercato di ribellarsi ai due «fratelli di Dio».