Gli amici erano ovunque: funzionari, dirigenti, amministratori. Tutti pronti ad aprire magicamente le casse degli uffici della pubblica amministrazione per pilotare appalti e fare liquidazioni con una certa velocità. E ovviamente non gratis, ma incassando mazzette o assunzioni per figli o persone collegate al proprio bacino elettorale. Alle volte «accontentandosi» anche di gioielli, denaro, olio e panettoni. Questo sistema, che si poggiava sulla filosofia del do ut des, vedeva al vertice la cooperativa sociale Nido d’argento, con quartier generale a Partinico ma che negli anni è stata in grado di espandersi in gran parte della Sicilia occidentale e anche oltre. Il presunto sistema di corruzione è stato svelato ieri (11 aprile) dall’operazione dei carabinieri con dodici misure cautelari. Il gip Elisabetta Stampacchia ha anche disposto sequestri di alcuni beni, soprattutto denaro e conti correnti (vedere scheda nell’altra pagina). In tre sono finiti in carcere: Giuseppe Gaglio, 61 anni, di Partinico, legale rappresentante e presidente del Consiglio d’amministrazione della cooperativa Nido d’Argento; Massimiliano Terzo, 43 anni, di Monreale, dipendente della stessa coop; Gaetano Di Giovanni, dirigente del distretto sociosanitario di Agrigento e capo dei vigili urbani della Città dei Templi. Domiciliari invece per Giuseppe Chiaramonte, 45 anni, e Francesco Chiavello, 62 anni, rispettivamente dipendente ed ex dipendente della Nido D’Argento; per l’ex sindaco di Partinico Salvo Lo Biundo, 54 anni; Maria Pia Falco, 57 anni, istruttore direttivo al Comune di Marsala; Aldo Raimondi, 65 anni, responsabile del settore Politiche sociali e culturali del Comune di San Cataldo; Nicola Fiocca, 68 anni, ex dirigente al municipio marsalese, che ieri mattina non è stato trovato dai carabinieri della compagnia di Partinico, ma che dovrebbe rientrare oggi. Indagati senza misure cautelari Maria Molinello e Anna Rita Migliore, di Gela, e Giovanni Dalia, di Palermo. Disposta la sospensione dall’esercizio dei pubblici uffici nei confronti di Maria Rita Milazzo, funzionario di 56 anni del Comune di Balestrate; Michela Sclafani, 62 anni, della direzione Politiche sociali della Città Metropolitana di Palermo; l’avvocato Antonino Geraci, 60 anni, di Partinico, presidente della commissione aggiudicatrice per una gara al Comune di Gela, collegata ai servizi sociali. Le accuse sono a vario titolo di associazione finalizzata alla corruzione, corruzione, turbata libertà degli incanti e istigazione alla corruzione. Quel che emerge è uno spaccato dove interessi privati e cosa pubblica si mescolano in un vortice di pressioni e favori. Impietosa la ricostruzione del pool coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Guido e composto dai pm Giacomo Brandini, Giulia Falchi e Chiara Capoluongo, oggi trasferita a Roma. Il deus ex machina era Giuseppe Gaglio. Da lui partivano direttive ai fedelissimi della cooperativa, soprattutto con riferimento al valore dei «regali» da fare. Per l’appalto di Gela, ad esempio, Lo Biundo avrebbe consegnato all’avvocato Geraci una busta con duemila euro. Gaglio, nel parlare con Chiavello, dice: «Ora serve la politica… ora l’altra cosa più importante... su Lo Biundo... perché si sono incontrati con quel picciotto... quello dell'Urega (ufficio regionale delle gare d’appalto, ndr)». L’ex sindaco prima invia un messaggio whatsapp a Geraci con il simbolo del pollice all'insù, dicendo che tutto è andato a buon fine. Poi si incensa parlando di sé - con Chiavello - in terza persona: «Tutto a posto. Te l’hanno detto? È giusto?... Salvo Lo Biundo è quello che risolve sempre problemi! È quello che è,... eh, eh, eh... è numero uno! Per dirti, ah!». Poi però viene fuori anche la contropartita pretesa dallo stesso ex sindaco: «Ehhh, ma l’intesa sempre da un lato è stata ultimamente!... Più in considerazione mi dovete tenere. Questo ti dico». Secondo gli inquirenti un inequivocabile messaggio con cui chiedeva posti di lavoro per mantenere il suo bacino di consensi. La longa manus si allungava anche sulla ex Provincia, dove si poteva contare sull’appoggio di Michela Sclafani, accusata di velocizzare la liquidazione dei pagamenti che spettavano alla cooperativa per i servizi socioassistenziali svolti, tra cui quello del trasporto scolastico degli studenti con disabilità. Di contro Gaglio, sempre con i suoi galoppini, consegnava al marito della funzionaria, Giovanni Dalia, collane con smeraldi da 1.800 euro, profumi di marca, olio d’oliva, dolci, panettoni e l’assunzione di amici nella cooperativa. «La Sclafani... a suo marito ci volevo fare un regalo... - dice Gaglio in un’intercettazione, parlando con Terzo -. Perché, a lei già gliel’ho fatto il regalo, hai capito!?… Gliene faccio uno a lui e uno a lei. Con 'ste cose che abbiamo per ora... Un orologio. Come ti pare? O un braccialetto di questo tennis... Quello coi brillantini!».