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Indagato di Partinico sceglie di restare in Toscana: il tribunale gli consente di lasciare il carcere e dispone la detenzione in casa

Leonardo Pellitteri, di 67 anni, è coinvolto nell'operazione Gordio. Per lui, restando lontano dalla Sicilia, viene meno il pericolo della reiterazione del reato

Fuori dal carcere sì, ma solo se lontano da Partinico. L’imputato si trova in Toscana e ha lasciato la cella per andare ai domiciliari. La vicenda è quella che coinvolge Leonardo Pellitteri, 67 anni, di Partinico, che sceglie la terra toscana per continuare a scontare la sua misura cautelare. Se avesse insistito a indicare come domicilio la sua Partinico, sarebbe rimasto ancora in carcere. Il suo avvocato, Antonio Pecoraro, è riuscito ad ottenere i domiciliari dopo un ricorso al tribunale del Riesame, che questa volta ha acconsentito alla trasformazione della misura cautelare dal carcere ai domiciliari. Ma per l’appunto solo se lontano da Partinico.

Il motivo principale per il quale era stata sinora respinta l’istanza dei domiciliari era quella il rischio della reiterazione del reato. Tra 45 giorni saranno depositate le motivazioni, ma appare scontato che la scelta della destinazione per la detenzione domiciliare sia stata determinante.

Pellitteri figura tra gli 85 indagati dell'operazione «Gordio» che aveva fatto emergere intrecci tra mafia e narcotraffico tra Partinico, la Calabria e il Lazio. Specificatamente il sessantasettenne è stato condannato nel novembre scorso in abbreviato insieme ad altri 29 imputati in questo troncone processuale a 5 anni e 4 mesi per spaccio di sostanze stupefacenti. Ad essere documentati a suo carico ben 73 episodi diversi di cessioni di dosi di droga. Il suo legale riuscì ad attenuare la pena richiesta dalla Procura ottenendo la caduta dell’aggravante dell’associazione mafiosa e le attenuanti generiche.

In totale furono emesse condanne per oltre due secoli di carcere, soltanto due furono gli assolti. Il processo nasce da un’indagine che, nel luglio del 2021, portò all’operazione con l’emissione di 85 misure cautelari, condotta dai carabinieri di Partinico. Tra i nomi eccellenti finiti sotto indagine quello di Michele Vitale, esponente della famiglia mafiosa dei Fardazza composta dagli storici capi del mandamento mafioso.

Anni di intercettazioni, appostamenti e indagini vecchio stampo senza alcun aiuto dei pentiti. Anche perché tra gli arrestati c’era proprio una collaboratrice di giustizia: Giusy Vitale, ex capo del mandamento, sorella dei padrini Vito e Leonardo, che sostituì ai vertici del clan dopo l’arresto. Il boss in gonnella, che viene processata separatamente col rito ordinario, sarebbe stata al centro di un maxi traffico di stupefacenti insieme al nipote Michele Casarrubia. Nel 2018 avrebbero gestito l’acquisto di un’ingente quantità di cocaina con Consiglio Di Guglielmi, detto Claudio Casamonica, personaggio di vertice dell’omonimo clan romano, successivamente morto per Covid. Dall’inchiesta, che fece anche luce sui rapporti tra politici locali e i boss, sono stati svelati i favori che una guardia penitenziaria faceva al boss detenuto Francesco Nania. A venire fuori un quadro che collegò gli interessi di certi personaggi legati a Cosa nostra con il business della droga.

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