È rimasto in cella per un anno e mezzo perché accusato di violenza sessuale nei confronti della sua ex ma, alla fine, è stato assolto e scarcerato. Protagonista della vicenda è B.M., un giovane di 24 anni originario del Gambia, al quale però, nello stesso procedimento, sono stati inflitti sette mesi per le lesioni causate alla donna nel corso di una lite provocata dalla gelosia. I fatti risalgono al 5 gennaio del 2022 quando il ragazzo era venuto a sapere di una relazione parallela intrattenuta dalla sua fidanzata – una palermitana di 35 anni con cui stava da tre anni – con un’altra persona. Sconvolto, era andato a casa dalla compagna, con la quale era stato insieme fino al giorno prima come se nulla fosse, trovandola assieme a un ghanese di 27 anni: era scoppiata un’accesa discussione, degenerata successivamente in una vera e propria rissa culminata con schiaffi e percosse al volto nei confronti della vittima. In un primo momento quest’ultima lo aveva denunciato per l’episodio, poi ci aveva ripensato ed era tornata dai carabinieri raccontando anche di essere stata costretta per due volte a fare sesso con lui: la prima ad agosto dell’anno precedente mentre l’altra situazione si sarebbe verificata proprio durante la zuffa quando, secondo la sua versione, il gambiano - oltre a picchiarla - le avrebbe ripetutamente toccato le parti intime. Si era così attivata la procedura del codice rosso ed al ventiquattrenne era stata applicata la custodia cautelare preventiva in carcere nonostante l’assenza di precedenti denunce a suo carico. Il processo, però, era stato rinviato più volte perché la donna non si era presentata nelle udienze in cui avrebbe dovuto deporre rendendosi irreperibile ai suoi legali e perfino alla polizia giudiziaria incaricata di accompagnarla forzatamente in aula. Nel frattempo l’imputato, attraverso il suo avvocato Giovanni Gioia, aveva chiesto di essere trasferito agli arresti domiciliari a casa di una parente a Rimini ma la domanda era stata respinta nonostante il luogo si trovasse in un’altra regione, distante centinaia di chilometri da Palermo, e non si conoscesse il domicilio della persona offesa. Solo a febbraio dell’anno scorso si era svolto finalmente il drammatico confronto tra i due ma l’ex compagna si era contraddetta riguardo al primo caso di stupro affermando di non ricordare bene il periodo in cui era accaduto: «Ho avuto sempre questo problema - aveva detto durante il faccia a faccia - mi dimentico il giorno, pure quando ci siamo messi assieme e me l’hai sempre ricordato tu il fatto dei giorni, l’anno, le cose, io non ci sto attenta a queste cose». Inoltre aveva rivelato di essersi adirata con il giovane perché lo riteneva responsabile di averle procurato alcuni lividi sulle gambe ma non aveva chiarito se il rapporto sessuale fosse stato consenziente o meno: «Ero arrabbiata, l’ho fatto controvoglia, solo per calmarlo perché era agitato». La spiegazione non aveva convinto i giudici della seconda sezione del Tribunale che avevano deciso di assolvere B.M. dall’ipotesi di violenza sessuale mantenendo, invece, le accuse relative all’aggressione e ai palpeggiamenti. In primo grado, quindi, era stato condannato a 2 anni e 7 mesi ma la sentenza è stata ulteriormente ridotta dalla Corte d’Appello, presieduta da Antonio Napoli: l’uomo, infatti, è stato prosciolto anche per i presunti contatti inappropriati ma è rimasta la pena di 7 mesi per il trauma cranico procurato alla trentacinquenne durante il litigio. «Sono soddisfatto per essere riuscito a dimostrare l’infondatezza delle accuse mosse al mio assistito - ha ribadito l’avvocato Gioia - il quale ha patito un’ingiusta detenzione dal gennaio del 2022 al giugno dell’anno successivo, una dura esperienza carceraria causata dalle dichiarazioni della presunta persona offesa rivelatesi del tutto prive di riscontro».