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Palermo, all'Arenella una targa per ricordare Lia Pipitone: «Vogliamo restituirle dignità e giustizia»

Alla cerimonia anche Alessio Cordaro, il figlio della giovane uccisa dalla mafia nel 1983

Al momento è un cartello temporaneo in attesa che diventi una targa definitiva in via Papa Sergio I, 61 a Palermo, in ricordo di Lia Pipitone, figlia del boss dell'Arenella Antonino, uccisa per mano mafiosa il 23 settembre 1983, all'età di 25 anni, da Vincenzo Galatolo e Antonio Madonia. Il presidio di Libera ha l’obiettivo di denunciare la necessità del suo riconoscimento di vittima innocente di mafia. Presente alla manifestazione do oggi (7 marzo) anche un emozionato Alessio Cordaro, figlio di Lia Pipitone.

Sul cartello si legge: «Durante una finta rapina in questo luogo è stata uccisa Lia Pipitone per il suo desiderio di libertà, perché libera, perché ribelle al patriarcato mafioso». A volere fortemente il riconoscimento di vittima di mafia innocente per la donna uccisa 41 anni fa, è il coordinamento Libera Palermo.

«Vogliamo restituire dignità e giustizia a tutte le vittime innocenti delle mafie – dice Clara Triolo della segreteria provinciale Libera Palermo -. Ogni 21 marzo le nominiamo, una per una, proprio per dare loro un ricordo che spesso viene dimenticato. Siamo qui per rivendicare diritti, verità e giustizia per tutte le vittime innocenti. Molte ancora oggi non vengono riconosciute dallo Stato a causa di una interpretazione troppo restrittiva delle leggi, come il caso specifico di Lia Pipitone, per via dell’ostacolo del quarto grado di parentela con una persona legata all’associazione mafiosa. Lia era figlia di un boss ma con le sue scelte e la sua quotidianità voleva liberarsi dal contesto familiare mafioso».

Nasconde l’emozione dietro ai suoi occhiali da sole Alessio Cordaro, il figlio di Lia Pipitone, al quale sono stati negati i benefici previsti per i familiari di vittime della mafia: «L’affissione della targa, anche se provvisoria al momento - dice –, è un primo step affinché il quartiere riconosca il delitto di 40 anni fa. L’auspicio è di rincontrare il quartiere quanto prima per l’installazione della targa definitiva e sarà un simbolo a memoria e a riscatto del quartiere stesso. Il primo modo per combattere questo cancro che tuttora affligge la nostra terrà è la conoscenza. Si può combattere ciò che conosciamo per questo vogliamo far conoscere a quante più persone possibile la vicenda accaduta a mamma».

Presenti anche tanti studenti, cittadini e l'ex sindaco di Palermo, Leoluca Orlando: «La decisione di uccidere Lia Pipitone - Orlando - era la "punizione" criminale mafiosa per le sue scelte di libertà. Fare memoria di quella uccisione aiuta a collegare l'intreccio perverso tra prepotenza patriarcale e arroganza mafiosa. Franca Viola - ricorda Orlando - nel 1965 rifiutò, con il coraggio anche dei suoi genitori, il matrimonio riparatore imposto da logiche patriarcali e mafiose, spingendo il Parlamento a eliminare la norma che faceva cadere ogni ipotesi di reato per violenze se interveniva un "matrimonio riparatore».

Il presidente della Commissione siciliana antimafia, Antonello Cracolici, prende pubblicamente un impegno: «Si può uccidere una persona tante volte – sottolinea -. Quella di Lia Pipitone è una storia di mafia che non può essere ridotta a una pratica burocratica. Convocherò l’assessore alla Famiglia, che ha la competenza in materia, ma anche il ministero degli Interni e proverò a coinvolgere anche la commissione nazionale antimafia. È una questione simbolica di fronte alla quale non possiamo voltare la faccia».

nel video le interviste a Clara Triolo, segreteria provinciale Libera Palermo; Alessio Cordaro, figlio di Lia Pipitone

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