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Risse e spari a Palermo, Zisa contro Brancaccio: «Si vogliono asciugare ‘u Cucina»

La guerra tra bande attorno alla movida violenta: ecco le intercettazioni che svelano cosa c’era dietro i colpi esplosi in aria in via La Lumia

Marco Cucina, il pistolero di via La Lumia

«Ora non sia mai che si fanno (uccidono, ndr) u’ Cucina», commentava Girolamo Castiglione, soprannominato Mimmo u spara spara, preoccupato per la sorte di Marco Cucina (nella foto), il pistolero che, il 10 dicembre dell’anno scorso, aveva sparato otto colpi di pistola in aria durante una rissa in via Isidoro la Lumia, a Palermo. Per lui, Cucina, oggi trentenne, nel 2019 erano scattati i domiciliari, quando la polizia aveva trovato nel suo appartamento droga e oltre 500 euro in contanti ma era già noto alle cronache nel 2013 quando - ad appena 19 anni - venne arrestato perché accusato di far parte di una banda specializzata negli assalti ai danni di banche, uffici postali, supermarket e gioiellerie. In cinque mesi avevano messo a segno dieci colpi tra la città e la provincia: facevano irruzione a viso scoperto, non erano armati ma incutevano paura, tanto da riuscire a rubare, in un’occasione, 50 mila euro.

La conversazione su Cucina era stata intercettata attraverso uno spyware installato nel telefono di Giuseppe Chiarello, uno degli arrestati nel recente blitz dei carabinieri che ha portato in carcere 9 affiliati del mandamento di Brancaccio, mentre si confidava con u spara spara e con Giancarlo Romano, freddato lunedì della settimana scorsa in via XXVII Maggio. I tre parlavano dei contrasti tra i ragazzi dello Sperone e alcuni esponenti della criminalità della Zisa, cercando di trovare una soluzione per evitare che dall’uso delle mani si potesse passare a quello delle armi da fuoco. Con conseguenze facilmente intuibili, visto quello che è successo dieci giorni fa allo Sperone.

Chiarello aveva confessato ai compagni di essere stato in via Quintino Sella quando i due gruppi - composti da una decina di persone - se le davano di santa ragione, ma di non essere riuscito a dividere i contendenti. Quando i tafferugli si erano spostati in via La Lumia, scatenando il terrore tra i clienti dei pub della movida, Cucina sarebbe stato uno dei più attivi, sferrando calci e poi sparando in aria: proprio per questo motivo gli altri amici temevano una possibile ritorsione nei suoi confronti. Castiglione aveva raccontato cosa era successo: «Mi hanno chiamato: “Vieni, ci beviamo qualcosa”. Ma ora non sia mai che si fanno u’ Cucina. Giancà (Giancarlo Romano, ndr), ha un mese che è finita questa cosa e noi lo sappiamo... troppo esagerata, Giancà. Non c’era motivo di arrivare al bordello, poi questa lite si è fatta. E come me lo devo tirare? A uno me ne potevo tirare, non a cento». E poi «u spara spara» era entrato nei particolari: «Abbuscò uno di loro che neanche so chi è, e uno di noi che ha il naso rotto, “u Miceli” (Salvatore Miceli, 21 anni, uno dei tre indagati per la rissa di via Isidoro La Lumia, ndr) e uno di loro. E poi non l’ho capito, Giuseppe (Chiarello, ndr) non era pure là con me ieri sera? Ne abbiamo visto uno a terra che lo picchiavano, tutti però non abbiamo capito chi è stato e chi era». Ma, nonostante ci fosse l’intenzione di volere chiudere le discussioni, l’atmosfera tra le due fazioni era troppo tesa tanto che Romano - chiamato per calmare gli animi per via della sua autorevolezza - era stato chiarissimo: «Pacificazione per ora niente», confermando così che le ostilità sarebbero durate ancora per molto tempo. Ed in effetti l’escalation di violenza era poi culminata con l’omicidio di Lino Celesia, avvenuto il 21 dicembre all’interno della discoteca Notr3 di via Pasquale Calvi.

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