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Estorsioni di mafia a Palermo, per la prima volta anche gli operai di un cantiere denunciano: boss condannati

La novità arriva dal processo al clan della Zisa che si è concluso oggi con 24 giudicati colpevoli e 4 assolti. Addiopizzo: la sentenza costituisce un fatto senza precedenti

Il luogo del delitto Incontrera

Estorsioni ai cantieri e intimidazioni pure agli operai. Che per la prima volta in un processo di mafia si sono costituiti parte civile con il sostegno di Addiopizzo. Oggi (22 febbraio) la sentenza a Palermo per l’operazione dei carabinieri «Vento» del luglio 2022, che scaturì dall’omicidio del boss Giuseppe Incontrera, nel quartiere della Zisa.

Nella retata era finito il figlio Salvatore Incontrera che ha avuto inflitti 18 anni. Queste le altre condanne decise nella sentenza del gup Cristina Lo Bue (pm Gaspare Spedale): Giuseppe Giunta (20 anni); Tommaso Lo Presti (20 anni): Calogero Lo Presti (16); Domenico Lo Jacono (14 anni); Salvatore Di Giovanni (10 anni e 8 mesi); Antonino Ventimiglia (18 anni e 6 mesi); Roberto Verdone (20 anni); Nicolò Di Michele (20 anni); Giuseppe D’Angelo (13 anni); Massimiliano D’Alba (12 anni); Antonino Fardella (12 anni e 8 mesi); Antonino Stassi (17 anni e 11 mesi); Maria Carmelina Massa (12 anni e 8 mesi); Andrea Damiano (20 anni); Gioacchino Pispicia (12 anni e 10 mesi); Gaetano Verdone (17 anni e 9 mesi); Antonino Bologna (7 anni e 4 mesi); Leonardo Marino (20 anni); Filippo Burgio (17 anni e 9 mesi); Vito Lo Giudice (7 anni e 10 mesi); Francesco Cerniglia (4 anni e 8 mesi); Antonino Talluto (4 anni e 4 mesi).

Assoluzione invece per Giorgio Stassi, Francesco e Marco Verdone e Gioacchino Fardella. Ristoranti, ricevitorie, centri scommesse, pescherie: nessuno sfuggiva al contributo alle casse della famiglia, altrimenti erano minacce e violenza. Erano i picciotti del clan a gestire sei piazze di spaccio, localizzate nei centralissimi quartieri del Capo, della Vucciria, di Ballarò e della Zisa (via dei Cipressi, piazza Ingastone e via Regina Bianca). Gli inquirenti avevano ricostruito due episodi estorsivi e cinque tentativi di estorsione a imprenditori e commercianti del centro cittadino. Oltre a due rapine a mano armata finalizzate a rimpinguare le casse del sodalizio.

«La sentenza - commenta Addiopizzo - costituisce un fatto senza precedenti dato che per la prima volta a Palermo, in un processo di mafia ed estorsione, oltre al titolare dell’impresa edile anche i suoi lavoratori, oggetto di intimidazioni prontamente denunciate, si sono costituiti parte civile con l’ausilio di Addiopizzo. È stato grazie a un percorso di ascolto e sostegno portato avanti dall’Associazione assieme all’imprenditore e agli operai, in sinergia con inquirenti e investigatori, che è maturata la scelta di opporsi e non piegarsi alle richieste estorsive. L’imprenditore e gli operai hanno infatti raccontato, ricostruendo i fatti con dovizia di particolari, l’asfissiante strategia estorsiva subita e sfociata anche nelle ripetute minacce di interrompere i lavori di ristrutturazione di un immobile situato nel mandamento mafioso di Porta Nuova». Per l'associazione antiracket è «una storia che seppure abbia un lieto fine racconta in controluce la persistenza del fenomeno estorsivo nel settore dell’edilizia dove c’è bisogno che le organizzazioni datoriali del comparto e i sindacati di riferimento si facciano concretamente sentire nei confronti dei loro iscritti. Ci sono infatti aree della città e della provincia di Palermo dove imprenditori e operai hanno serie difficoltà a lavorare dato che altre imprese edili in cambio delle estorsioni pagate si accaparrano forniture e lavori con la protezione di Cosa nostra. Tale fenomeno non può essere ignorato visto che oltre a colpire chi vuole fare impresa sana e lavorare onestamente, altera e sterilizza le regole del libero mercato e della concorrenza anche a danno dei cittadini-consumatori».

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